Lo Stato annaspa nell’inerzia, i colossi digitali avanzano e riempiono il vuoto. È la sintesi della transizione digitale nel nostro Paese. Erano tre i cardini del documento “Strategia italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026” elaborato nel luglio scorso da un comitato di esperti nominati dal Governo: una task force di “Facilitatori” per l’avvento generalizzato dell’intelligenza artificiale nelle piccole e medie imprese; l’avvio di un massiccio programma di formazione all’IA attraverso le scuole e le Università: e infine la modernizzazione digitale nella Pubblica Amministrazione. Ma in realtà, nulla si è mosso, o laddove si è accelerato, come nel caso del Processo Penale Telematico, il flop è stato clamoroso. Così, a supplire all’inerzia pubblica ci pensano i colossi digitali privati, sia nelle proposte per le imprese, che per le iniziative di formazione. Come nel caso di Microsoft, che con il programma “Microsoft AI Lab” ha già coinvolto 400 aziende e avviato 600 progetti di innovazione con intelligenza artificiale generativa. La massiccia azione di Microsoft per la formazione è denominata invece “AI National Skilling Initiative” e vede anche la collaborazione con la CRUI, la Conferenza dei Rettori delle Università italiane.
La colonizzazione dell’Italia da parte delle big tech dell’IA procede dunque spedita. D’altronde il nostro Paese attende ancora l’approvazione del Disegno di legge del Governo, immerso nelle secche delle commissioni parlamentari. In più, i ritardi dell’Unione Europea sul piano del Regolamento dell’AI Act, si riflettono su quelli dell’Italia, creando un vuoto che le grandi big tech sono capaci di riempire.
I numeri sono impietosi. Secondo un report della Stanford University gli investimenti degli Usa in IA, già nel 2023, sono stati di oltre 67 miliardi di dollari, quelli dell’Unione Europea non sono arrivati a 10 miliardi di dollari. E in Italia il valore complessivo del mercato dell’IA, secondo i dati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano si aggira appena intorno ai 760 milioni di euro.
Di fronte a questo gap enorme una risposta arriva dalla capacità di grandi aziende come Microsoft di offrire soluzioni alle esigenze di crescita del sistema industriale italiano. Nel corso di un evento a Milano è stata comunicata la nuova articolazione di AI Lab in tre grandi aree, con il contributo di circa 35 partner portatori di varie specializzazioni:
AI Lab for Industries, un programma che prevede l’avvio di progetti di trasformazione digitale in chiave AI per le aziende del settore finanziario, manifatturiero, energetico, settore retail e Pubblica Amministrazione.
AI L.A.B for Italy, dedicato alle piccole e medie imprese italiane. In questo ambito, Microsoft Italia ha avviato una collaborazione strategica con Confapi. L’accordo prevede l’accesso da parte delle imprese di piccole e medie dimensioni che fanno parte della Confederazione a una serie di workshop formativi pianificati su tutto il territorio italiano. Mentre una piattaforma per la formazione da remoto è stata sviluppata da Microsoft.
AI L.A.B for Good prevede progetti di innovazione per promuovere lo sviluppo di soluzioni accessibili e mirate. Va in questa direzione anche una collaborazione con il Politecnico di Milano, che consentirà di lavorare insieme a studenti e ricercatori per sviluppare progetti e soluzioni tecnologiche per l’inclusione e l’accessibilità per le imprese italiane di qualunque settore e dimensione. Per calibrare al meglio il ventaglio delle opportunità che l’intelligenza artificiale è in grado di offrire, è infatti necessario calare le realtà nelle singole situazioni, come se si dovesse cucire un vestito su misura. La ricerca è la chiave di accesso per ogni singolo caso.
Accanto alle soluzioni per le imprese, AI Lab di Microsoft prevede anche un piano di formazione su scala nazionale per fornire a un milione di Italiani le competenze indispensabili in materia di intelligenza artificiale. Il programma è denominato “AI National Skilling Initiative”. Sono disponibili percorsi per professionisti della PA, delle PMI e gli insegnanti. Microsoft Italia ha annunciato anche una collaborazione con CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) per l’avvio di un programma di formazione congiunto sull’AI per tutte le università italiane. CRUI mette a disposizione degli studenti italiani e di tutto il personale universitario gli strumenti e le iniziative di formazione Microsoft per tutti i livelli, dall’alfabetizzazione ai corsi più evoluti: “L’Intelligenza Artificiale è destinata a trasformare profondamente il mondo del lavoro e il ruolo delle università è quello di preparare studenti e professionisti ad affrontare questa rivoluzione con competenze adeguate – sottolinea Francesco Cupertino, Delegato CRUI alle tematiche ICT e Rettore del Politecnico di Bari – La collaborazione tra Microsoft e CRUI rappresenta un’opportunità importante anche per ampliare l’accesso a percorsi di formazione innovativi e rendere il nostro sistema universitario sempre più pronto alle sfide del futuro.”
Nel documento del luglio scorso sulla Strategia italiana redatto dal pool di esperti nominati dal Governo, c’era piena considerazione delle necessità di formazione: “Uno dei rischi associati al rapido sviluppo delle tecniche e conoscenze in ambito IA risiede nella limitatezza del bacino degli utenti cui è garantito un accesso a percorsi formativi continui e aggiornati in materia, che consentano di costruire le competenze e abilità necessarie per capirne i costi e i benefici, valutarne i processi in maniera critica, e utilizzarne gli strumenti in maniera creativa”. In realtà, non risultano accelerazioni in chiave di nuova formazione basate sull’IA nelle scuole di ogni ordine e grado.
E quanto alle auspicate soluzioni di IA per la pubblica amministrazione – anche quelle venivano indicate nel programma governativo della Strategia italiana – il fallimento del Processo Penale Telematico, in un settore sensibile quale quello della giustizia, è la massima rappresentazione dell’arretramento nella transizione digitale della Pubblica Amministrazione nel nostro Paese. La giunta esecutiva dell’Associazione Nazionale Magistrati lo ha denunciato a chiare note: «Con il decreto 27 dicembre 2024 n. 206 – si legge in un documento – il Ministero dà il via al generalizzato deposito con modalità esclusivamente telematica di atti e documenti a partire dal primo gennaio 2025 per la maggior parte dei procedimenti della procura della Repubblica presso il tribunale ordinario, della procura europea e del tribunale ordinario. Si pretende di mandare in esercizio i moduli più complessi ed estesi di un applicativo informatico (app) senza che lo stesso sia stato efficacemente testato presso gli uffici, e tanto pur sinora essendosi registrati di continuo numerosissimi malfunzionamenti. E malgrado le numerose criticità rilevate da pressoché tutti gli uffici chiamati alla sperimentazione del sistema – continua la nota – si è anche proceduto non prendendo in adeguata considerazione la scarsità di risorse e di infrastrutture tecnologiche che consentano ai Tribunali di celebrare efficacemente i processi per il tramite delle tecnologie digitali. Si agisce come se gli uffici fossero stati, tutti e da tempo, dotati di postazioni pc con accesso ad app, nelle aule d’udienza e nelle camere di consiglio.
Si opera- continua la nota dell’Anm – come se il personale amministrativo e giudiziario fosse stato dotato di una idonea struttura di assistenza per la immediata gestione delle criticità. Per il tanto atteso Processo Penale Telematico si deve allora constatare una grave carenza di risorse e di strategie organizzative, con le inevitabili conseguenze sull’efficienza del servizio giustizia. Tutto si potrà dire – conclude l’Anm – meno che non si tratti di un fallimento annunciato». In sostanza, mentre i colossi digitali conquistano sempre più spazio nell’ “evangelizzazione” all’IA, l’iniziativa pubblica arranca, procedendo come in quella famosa canzone di Lucio Battisti: “a fari spenti nella notte”.
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