L’authority indipendente sui conti pubblici ha anche certificato il rinvio al 2026 della riduzione del deficit sotto il 3% del Pil
Chi ha guadagnato e chi ha perso con la manovra di bilancio per il 2025 del governo Meloni? «I principali beneficiari sono le famiglie, soprattutto in ragione degli interventi a favore dei lavoratori dipendenti privati e pubblici». Invece, «l’impatto netto delle misure rivolte a imprese e lavoratori autonomi è restrittivo». Il verdetto è dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), che ieri ha diffuso l’«analisi sui testi definitivi» della manovra.
Rinviato il taglio del deficit
L’authority indipendente sui conti pubblici ha anche certificato il rinvio al 2026 della riduzione del deficit sotto il 3% del Pil, deciso dal governo con la legge di Bilancio, che infatti «determina in tutto il triennio 2025-27 riduzioni delle entrate nette e incrementi delle uscite nette, soprattutto di natura corrente, rispetto allo scenario a legislazione vigente e posticipa dal 2025 al 2026 il rientro del deficit».
Meno tasse sul lavoro e più sul capitale
Sul fronte delle entrate, si riducono le imposte sul lavoro e aumentano temporaneamente quelle sul capitale nel 2025-26. L’Upb quantifica in 53 miliardi l’alleggerimento del prelievo sui lavoratori dipendenti (taglio del cuneo e Irpef): 14,7 miliardi nel 2025, 18,8 nel 2026 e 19,9 nel 2027.
Invece, «le entrate che incidono sul capitale aumentano nel biennio 2025-26 e si riducono nel 2027. Nei primi due anni, le imposte aumentano di 5,7 miliardi, soprattutto a carico delle banche (sospensione delle Dta, imposte differite attive) e delle assicurazioni (modifica dell’imposta di bollo). Nel 2027 l’avvio del recupero della sospensione delle Dta determina invece un miliardo di entrate in meno.
Spese e risparmi
Sul fronte delle spese, «le maggiori uscite riguardano la difesa, la sanità, la protezione sociale». I risparmi sono concentrati, principalmente, nel definanziamento della decontribuzione Sud e nel taglio degli stanziamenti di leggi pluriennali nei ministeri. In una delle appendici del rapporto, l’Upb analizza la cosiddetta Ires premiale per le imprese che assumono e investono, tanto invocata da Confindustria, confermando lo scarso impatto della norma (ne beneficeranno non più di 18 mila aziende): la norma rende «molto complesso il meccanismo di accesso all’agevolazione e non del tutto chiare le sue finalità».
Meno incentivi agli investimenti
Più in generale, osserva l’authority presieduta da Lilia Cavallari, «la legge di Bilancio modifica la struttura vigente degli incentivi tributari agli investimenti che negli ultimi anni è già stata depotenziata e resa più complessa dai maggiori adempimenti richiesti alle imprese per la loro fruizione». E l’Ires premiale, oltre a riguardare poche aziende, «non compensa completamente la riduzione di risorse destinate agli incentivi 4.0».
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