L’obbligo scatta il primo di aprile ma, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, non è uno scherzo. Stiamo parlando ovviamente della necessità per tutte le imprese di assicurarsi contro i rischi catastrofali. Un adempimento che interessa quattro milioni di imprenditori, i quali hanno a disposizione poco più di un mese per informarsi, trovare una compagnia assicuratrice che garantisca il miglior rapporto costi/benefici, scegliere il tipo di polizza più adatta alle proprie esigenze, stipulare il contratto di assicurazione. Un percorso a ostacoli perché i tempi stretti si sommano a una impreparazione delle agenzie assicurative e alla mancanza di disposizioni attuative di dettaglio che non sono ancora state deliberate dagli organismi ministeriali competenti (i quali, evidentemente, hanno un senso del tempo diverso da quello dei comuni mortali).
Regolamenti che sono importanti anche perché dovrebbero gestire i diversi livelli di rischio presenti sul territorio nazionale anche per rendere più omogenee e gestibili le politiche di prezzo praticabili dagli assicuratori. Inoltre, come ha sottolineato la Cna, manca ancora il portale a cura dell’Ivass per confrontare le varie offerte e consentire così alle imprese di essere nelle condizioni di sottoscrivere polizze efficaci nella piena consapevolezza. Quindi non proprio dei dettagli.
Il costo delle polizze, che andrebbero a coprire i rischi legati a terremoti, frane, esondazioni o alluvioni, parte da poche centinaia di euro, per le imprese di minori dimensioni, e arriva a qualche migliaia di euro per quelle di medie dimensioni, per aumentare ancora, ovviamente, per le grandi imprese. Comunque, per rendere meno gravoso l’adempimento, lo Stato ha stanziato 5 miliardi di euro per permettere alle compagnie di assicurazione di riassicurarsi con Sace coprendo fino al 50% del rischio.
Per chi non si assicura c’è il rischio di perdere contributi, sovvenzioni, agevolazioni pubbliche e naturalmente risarcimenti, nel caso in cui l’evento calamitoso dovesse realmente verificarsi. In pratica l’impresa dovrà pagarsi i danni di tasca propria senza più l’aiuto dello Stato. Possibile anche un peggioramento delle condizioni di credito perché le banche si troverebbero davanti ad aziende con un tasso di rischio maggiorato.
Qualcuno ha parlato di questo nuovo obbligo come di una tassa aggiuntiva a carico delle imprese: se questo può essere vero da un punto di vista finanziario, da un punto di vista più generale è forse più opportuno parlare di uno Stato che sceglie di ritirare una garanzia offerta agli imprenditori in caso di eventi calamitosi e chiede loro di farsene carico in proprio con una normale copertura assicurativa. Anche in considerazione del fatto che il risarcimento offerto dallo Stato è più teorico che reale, nel senso che normalmente arriva con ritardi enormi, quando le imprese coinvolte spesso hanno cessato di esistere. La speranza è che il trasferimento del rischio sulle assicurazioni private renda almeno più veloci e più congrui i risarcimenti offerti ai chi dovesse subire i danni provocati da eventi che sono sì naturali, ma spesso aggravati anche dall’incuria umana.
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