Uno studio sull’esperienza della Corea del Sud indica un chiaro impatto delle tecnologie digitali sul mercato del lavoro. Per sfruttare le nuove opportunità è indispensabile la formazione continua.
Nuove tecnologie e mercato del lavoro, un tema che rimane al centro del dibattito economico. Ogni tanto ci torniamo per analizzare nuovi numeri che arrivano dalle tante ricerche avviate nel mondo sull’argomento.
Recentemente, uno studio del National Bureau of Economic Research (Working Paper No. 33469, Febbraio 2025) di Sangmin Aum e Yongseok Shin ha analizzato l’impatto delle tecnologie digitali – in particolare intelligenza artificiale, big data e Internet delle Cose – sul mercato del lavoro in Corea del Sud. Lo studio analizza le variazioni regionali nell’esposizione a tali tecnologie per offrire una visione dettagliata di come la digitalizzazione stia rimodellando i profili occupazionali.
Un primo importante risultato della ricerca è che l’adozione delle tecnologie digitali ha avuto un impatto negativo significativo sui lavoratori ad alta qualifica e sulle donne, soprattutto nei settori non legati all’informatica. Questo elemento segna una svolta rispetto alle rivoluzioni tecnologiche precedenti (come l’IT revolution o la robotizzazione), che colpivano prevalentemente i lavoratori a bassa qualifica nel settore manifatturiero.
L’impatto delle nuove tecnologie sull’occupazione varia in maniera consistente da settore a settore. Aum e Shin sottolineano come nel settore IT, sebbene l’occupazione dei lavoratori ad alta qualifica sia in calo, si registra un aumento delle offerte di lavoro per posizioni specializzate, un chiaro segnale di una riallocazione della domanda verso nuove competenze. Nel settore manifatturiero, gli effetti complessivi sono più contenuti, anche se l’adozione del big data mostra un impatto negativo su specifici ruoli.
Ad essere particolarmente colpito, invece, è tutto quello che ruota attorno ai servizi non IT. Qui l’effetto negativo è particolarmente marcato, con un’ampia dislocazione occupazionale che interessa soprattutto le lavoratrici e i lavoratori con titoli di studio elevati.
I risultati dello studio indicano che la trasformazione digitale non si limita a ridurre il numero di posti di lavoro tradizionali, ma comporta anche la creazione di nuove opportunità che richiedono competenze aggiornate.
Questa è sicuramente una notizia positiva, ma sollecita un’azione coordinata da parte di legislatori e imprese, orientata al rafforzamento dei programmi di formazione e riqualificazione professionale, per consentire ai lavoratori di adattarsi ai cambiamenti in atto. Formazione continua, questa è la parola magica che dovrebbe consentire al mercato del lavoro di passare nella nuova era digitale senza troppo contraccolpi.
Foto di Gerd Altmann
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