La modifica più importante sul regime fiscale delle trasferte riguarda l’obbligo di tracciabilità per tutti i rimborsi spese legati ai viaggi di lavoro, sia per i lavoratori dipendenti sia per i professionisti autonomi. Ogni spesa sostenuta per vitto, alloggio, trasporto e altri costi accessori deve essere documentata e pagata con strumenti tracciabili come bonifici bancari, carte di credito o debito aziendali e pagamenti elettronici.
L’obiettivo è duplice: da un lato, si intende contrastare l’evasione fiscale, impedendo l’uso di rimborsi fittizi o gonfiati; dall’altro, si vuole semplificare la gestione amministrativa per aziende e professionisti, evitando contestazioni da parte del Fisco. Chi non rispetta questi nuovi obblighi rischia di vedere disconosciuti i rimborsi ricevuti e di dover affrontare sanzioni fiscali. Vediamo meglio:
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Rimborso spese, cosa cambia per aziende e lavoratori dipendenti -
Professionisti con partita Iva, vantaggi e rischi della nuova normativa
Rimborso spese, cosa cambia per aziende e lavoratori dipendenti
Per le imprese, la nuova normativa impone una revisione delle policy aziendali sulle trasferte, con l’introduzione di strumenti di controllo per garantire la conformità fiscale. I dipendenti devono adeguarsi e utilizzare solo pagamenti tracciabili e conservando le ricevute elettroniche per ogni costo sostenuto.
Fino al 31 dicembre 2024, i rimborsi forfettari erano esenti da verifiche sulla tracciabilità e venivano spesso utilizzati per semplificare la gestione contabile. Ora il rimborso analitico diventa il metodo più sicuro, in quanto prevede il rimborso effettivo delle spese sostenute, purché documentate. I rimborsi che non rispettano i requisiti di tracciabilità sono considerati reddito imponibile per il lavoratore e, quindi, tassati come parte della busta paga.
Un altro cambiamento riguarda il trattamento dei rimborsi chilometrici per chi utilizza la propria auto per lavoro. L’azienda è obbligata a documentare ogni trasferta, verificando il tragitto percorso e la compatibilità con le esigenze lavorative. Il rimborso chilometrico continua a essere calcolato sulla base delle tabelle Aci, ma il pagamento in contanti non è più consentito.
Le aziende che non si adeguano rischiano di vedersi contestare l’indeducibilità delle spese, con aumento del carico fiscale.
Professionisti con partita Iva, vantaggi e rischi della nuova normativa
Anche i liberi professionisti e i titolari di partita Iva devono affrontare le novità nella gestione delle spese di trasferta. La riforma prevede che tutti i costi di viaggio, vitto e alloggio siano deducibili solo se pagati con strumenti tracciabili e correttamente documentati. Si elimina qualsiasi possibilità di rimborso di spese effettuate in contanti senza ricevuta.
Uno dei punti di discussione riguarda la deducibilità dell’Iva sulle spese di trasferta. Secondo le nuove disposizioni, se un professionista sostiene costi di viaggio e alloggio per sé o per collaboratori, l’Iva è detraibile solo se il pagamento è tracciabile e se la fattura riporta i dati fiscali del soggetto intestatario. L’assenza di questi requisiti può far perdere il diritto alla detrazione, con un impatto negativo sui costi complessivi delle trasferte.
Un’altra questione riguarda la distinzione tra rimborsi spese documentati e compensi accessori. I rimborsi per trasferte devono essere separati dalle prestazioni professionali vere e proprie ed evitare che il Fisco possa considerarli compensi non dichiarati. Ad esempio, se un’azienda rimborsa le spese di viaggio a un consulente, questi importi devono essere separati dai compensi per il lavoro svolto con un’adeguata documentazione che giustifichi la trasferta.
La riforma può infine ridurre il rischio di contestazioni fiscali per i professionisti che operano su più sedi e devono giustificare frequenti spostamenti. Grazie alla tracciabilità dei pagamenti è più facile dimostrare che le spese sostenute sono legate all’attività lavorativa e non a viaggi personali.
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