il futuro dell’Intelligenza Artificiale per le Imprese


Durante TDX 25, l’evento dedicato da Salesforce agli sviluppatori e agli innovatori tecnologici, che si è tenuto a San Francisco, abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Silvio Savarese, Chief Scientist dell’azienda. In questa conversazione ci ha condiviso la sua visione sull’evoluzione dell’intelligenza artificiale, il ruolo degli agenti digitali e le innovazioni su cui Salesforce sta lavorando per trasformare il panorama aziendale.

L’evoluzione dell’intelligenza artificiale: dalle previsioni agli agenti autonomi

Savarese descrive l’evoluzione dell’intelligenza artificiale come un processo che ha attraversato diverse fasi fondamentali. “Abbiamo assistito a una trasformazione significativa nell’utilizzo dell’IA nelle imprese. Inizialmente, l’approccio dominante era quello predittivo, con modelli focalizzati sulla capacità di fare previsioni, classificazioni e analisi dei dati”, spiega. In questa fase, l’IA era utilizzata principalmente per ottimizzare i processi aziendali esistenti, individuando pattern e anticipando tendenze attraverso l’analisi dei dati storici.

La seconda fase è stata segnata dall’avvento dell’intelligenza artificiale generativa, che ha ampliato le possibilità d’uso dell’IA in ambito aziendale. “Con l’avvento di modelli più avanzati, abbiamo iniziato a capire che l’IA non doveva solo interpretare i dati, ma poteva anche generare nuovi contenuti e automatizzare interi processi”, afferma Savarese. Questo ha portato allo sviluppo di modelli di linguaggio capaci di scrivere testi, creare codice, produrre immagini e assistere nella sintesi di informazioni complesse.

Un aspetto fondamentale di questa fase è stata l’integrazione della generazione automatizzata con i flussi di lavoro aziendali. “Non si trattava più solo di predire cosa sarebbe successo, ma di creare risposte, automatizzare interazioni con i clienti e generare codice per accelerare i processi di sviluppo software”. Questi modelli hanno iniziato a essere adottati in ambiti come il marketing, la creazione di contenuti, il customer service e la programmazione.

Savarese sottolinea che questa transizione ha richiesto nuove tecnologie per gestire, controllare e personalizzare l’output generato dall’IA. “Abbiamo sviluppato strumenti che permettono di curare, filtrare e adattare i contenuti generati dall’IA per renderli coerenti con le necessità aziendali e ridurre il rischio di errori o risposte inappropriate”. Inoltre, la necessità di integrare l’IA con i sistemi aziendali ha portato alla creazione di architetture più avanzate, in cui l’IA generativa non è solo uno strumento indipendente, ma un elemento connesso ai dati e ai flussi operativi dell’impresa.

Questa fase ha quindi posto le basi per l’ultima evoluzione dell’IA: quella agentica, in cui l’IA non solo genera contenuti, ma prende decisioni autonome e interagisce attivamente con gli utenti e con altri sistemi.

L’ultima fase, in cui ci troviamo oggi, è quella degli agenti digitali, sistemi in grado di non solo elaborare informazioni, ma anche eseguire azioni in modo autonomo. “L’IA non è più solo un mezzo per fornire insight, ma è diventata un vero e proprio agente che interagisce con gli utenti e prende decisioni in autonomia”, afferma Savarese. Questi nuovi sistemi non si limitano a rispondere alle domande, ma possono eseguire operazioni complesse, adattarsi al contesto e automatizzare attività aziendali critiche.

Questa evoluzione ha richiesto un cambiamento radicale nella progettazione dei modelli di IA, con un crescente investimento nello sviluppo di agenti specializzati che combinano memoria, ragionamento, capacità di interazione con il mondo esterno e interfacce avanzate. “L’obiettivo è creare un ecosistema di agenti digitali in grado di operare in diversi contesti aziendali, migliorando l’efficienza e la produttività attraverso un’automazione intelligente e contestualizzata”, conclude.

Uno degli elementi distintivi dell’approccio di Salesforce è la ricerca collaborativa con i clienti partner. “Il nostro obiettivo non è solo sviluppare tecnologia in laboratorio, ma creare soluzioni che abbiano un impatto reale sulle aziende. Per questo motivo, lavoriamo a stretto contatto con clienti selezionati per incubare nuove idee e validare le nostre innovazioni in contesti concreti”, spiega.

Questo processo di collaborazione avviene attraverso programmi specifici di co-sviluppo, in cui Salesforce lavora con aziende di diversi settori per identificare problemi critici e sviluppare soluzioni personalizzate. “Il nostro team di ricerca e sviluppo parte dall’analisi dei bisogni specifici dei partner per progettare prototipi e proof-of-concept, che vengono poi testati in scenari aziendali reali”, afferma. Questa metodologia permette di raccogliere feedback immediati e migliorare continuamente i modelli e le funzionalità offerte.

Un esempio significativo di questa strategia è stato lo sviluppo di nuovi motori per agenti digitali, implementati in collaborazione con clienti strategici e poi introdotti nel mercato come parte dell’ecosistema Salesforce: “Abbiamo avuto la possibilità di testare questi sistemi con aziende che operano in ambiti altamente regolamentati, garantendo che le nostre soluzioni non solo fossero efficaci, ma anche sicure e conformi agli standard normativi”.

Questa strategia di ricerca congiunta non si limita solo alla tecnologia, ma include anche aspetti organizzativi e operativi. “Lavoriamo con i clienti per comprendere come l’IA possa trasformare i loro processi aziendali, dall’automazione del customer service alla gestione delle vendite e del marketing” e grazie a questa interazione continua, Salesforce riesce a sviluppare strumenti che rispondano esattamente alle esigenze del mercato, evitando di creare soluzioni generiche prive di un reale valore applicativo.

Savarese sottolinea inoltre l’importanza di garantire che l’adozione dell’IA avvenga in modo etico e responsabile: “Quando lavoriamo con i clienti, prestiamo particolare attenzione alla sicurezza, alla privacy e alla trasparenza dei nostri modelli. Vogliamo assicurarci che l’IA sia uno strumento di supporto e non un elemento di rischio”.

Questa modalità di collaborazione, che unisce ricerca accademica – da cui Savarese proviene – innovazione tecnologica e applicazioni concrete, è ciò che permette a Salesforce di rimanere all’avanguardia nel settore. “La tecnologia evolve rapidamente, ma il vero valore si crea solo quando si riesce a tradurre l’innovazione in strumenti pratici per le aziende e i loro clienti. E questo è possibile solo lavorando fianco a fianco con chi utilizzerà effettivamente queste soluzioni”, conclude.

I quattro componenti chiave dell’intelligenza artificiale per l’impresa

Per sviluppare agenti digitali efficaci è necessario integrare quattro elementi fondamentali: memoria, capacità di ragionamento, interazione con il mondo esterno e interfaccia utente.

  1. Memoria: “Il primo elemento essenziale è la memoria: un agente deve poter ricordare informazioni, conservare dati di conversazioni precedenti e accedere a documentazione rilevante in tempo reale,” sottolinea Savarese. La memoria consente agli agenti digitali di fornire risposte contestualizzate e di apprendere dalle interazioni precedenti.
    Salesforce ha sviluppato un sistema di memoria avanzato basato su Data Cloud, che permette agli agenti di recuperare e organizzare informazioni in modo strutturato. “Abbiamo investito nella creazione di modelli interni più sofisticati rispetto a quelli disponibili sul mercato, che consentono di astrarre informazioni in maniera più precisa, armonizzando dati provenienti da diverse fonti aziendali”, il che garantisce una gestione sicura e conforme delle informazioni, assicurando che l’IA operi in modo affidabile e conforme alle normative sulla privacy.
  2. Capacità di ragionamento “Non si tratta solo di rispondere a domande, ma di elaborare un processo logico che consenta di interpretare richieste complesse e fornire risposte appropriate”, afferma Savarese. L’IA aziendale di Salesforce non si limita a restituire informazioni, ma è progettata per analizzare contesti aziendali specifici e generare risposte allineate agli obiettivi strategici delle imprese.
    Un caso d’uso significativo è il servizio clienti. “Se un cliente chiede informazioni su un reso, l’agente digitale non si limita a recuperare la policy aziendale, ma analizza la richiesta nel contesto dell’interazione precedente, suggerendo la soluzione più appropriata”. Per raggiungere questo livello di sofisticazione, Salesforce utilizza una combinazione di language model personalizzati e logiche di workflow basate su AI, che consentono agli agenti di adattarsi dinamicamente a scenari complessi.
  3. Interazione con il mondo esterno “Un agente deve essere in grado di eseguire operazioni concrete, non solo di generare contenuti”, e quindi gli agenti AI devono poter interfacciarsi con database, software aziendali e strumenti di terze parti per svolgere azioni effettive.
    Salesforce ha sviluppato un’infrastruttura che integra l’IA con gli strumenti di gestione aziendale come CRM, ERP e sistemi di ticketing. “Abbiamo creato agenti in grado di automatizzare processi aziendali critici, come la gestione degli ordini, il monitoraggio delle scorte e il supporto ai dipendenti nelle attività amministrative”. Questa capacità di azione fa sì che l’IA aziendale non sia più solo un sistema passivo di risposta, ma un motore attivo di automazione e ottimizzazione.
  4. Interfaccia utente L’ultimo elemento è l’interfaccia, che può essere testuale, vocale o integrata in sistemi complessi. Le interfacce utente rappresentano il punto di contatto tra l’IA e gli utenti finali e sono fondamentali per garantire un’interazione fluida ed efficace. Salesforce sta investendo in interfacce vocali avanzate per migliorare l’accessibilità degli agenti digitali. “Stiamo lavorando per rendere l’interfaccia vocale più naturale e intuitiva, sfruttando modelli di sintesi vocale e riconoscimento del linguaggio avanzati”, e la capacità degli agenti di interagire con diversi formati di input e output migliora la loro adattabilità a molteplici contesti aziendali, garantendo maggiore flessibilità nell’uso quotidiano.

L’integrazione di questi quattro componenti consente di costruire agenti digitali aziendali che non solo comprendono e generano contenuti, ma interagiscono attivamente con l’ambiente aziendale per migliorare produttività e automazione. “Il nostro obiettivo è creare agenti digitali che lavorino come assistenti intelligenti per ogni settore, aiutando le imprese a gestire processi complessi con maggiore efficienza”, conclude Savarese.

Verso un ecosistema di agenti digitali interconnessi

Guardando al futuro, Salesforce punta a sviluppare un ecosistema di agenti digitali specializzati, capaci di collaborare tra loro per svolgere compiti sempre più complessi. “Immaginate un mondo in cui ogni impresa avrà il proprio insieme di agenti, capaci di interagire con quelli dei consumatori e di altre aziende”, ipotizza Savarese. La visione è quella di un’infrastruttura in cui agenti personalizzati possano coordinarsi autonomamente per fornire servizi su misura.

In passato, molte aziende hanno adottato architetture a microservizi per scomporre sistemi complessi in componenti modulari e scalabili. Ora vediamo che lo stesso concetto può essere applicato agli agenti digitali”. In questo nuovo paradigma, gli agenti digitali possono essere visti come microservizi intelligenti, ognuno specializzato in una funzione specifica, ma in grado di interagire tra loro per risolvere problemi più complessi. “Un singolo agente può occuparsi di una determinata attività – per esempio, gestire richieste di assistenza clienti o ottimizzare un processo di supply chain – ma la vera potenza emerge quando più agenti collaborano tra loro per offrire una soluzione completa”.

Questa modularità permette alle imprese di costruire sistemi di IA più efficienti, adattabili e scalabili. “Invece di un’unica intelligenza artificiale monolitica che cerca di fare tutto, possiamo immaginare una rete di agenti specializzati, ognuno progettato per eccellere in un compito specifico, ma in grado di comunicare e cooperare con gli altri”. Così si migliora non solo la scalabilità dei sistemi aziendali, ma anche la loro sicurezza e affidabilità, poiché gli agenti possono essere controllati e ottimizzati indipendentemente.

Savarese sottolinea anche che questa evoluzione permette una gestione più efficiente delle risorse computazionali. “Invece di far girare enormi modelli centralizzati con costi elevati, possiamo distribuire l’elaborazione tra più agenti specializzati, riducendo così il carico sui sistemi e migliorando le prestazioni complessive.”

Questa filosofia basata sugli agenti digitali è particolarmente rilevante in contesti aziendali che richiedono un alto livello di personalizzazione e adattabilità, come il servizio clienti, la gestione delle risorse umane o le operazioni finanziarie. “Stiamo creando una nuova generazione di IA che funziona in modo più simile a una rete di esperti digitali, ognuno con un ruolo ben definito, ma capaci di interagire tra loro per risolvere problemi complessi in modo più efficace”. Uno degli aspetti più complessi dello sviluppo degli agenti digitali è garantire che possano comunicare tra loro in modo efficace e interoperabile. “Gli agenti non possono rimanere isolati nei loro ecosistemi proprietari. Dobbiamo creare standard condivisi affinché possano scambiarsi informazioni e collaborare, indipendentemente dalla piattaforma su cui sono sviluppati”, afferma Savarese.

La mancanza di un linguaggio comune tra gli agenti può limitare la loro capacità di cooperazione e scalabilità. “Attualmente, ogni azienda costruisce agenti digitali con modelli e protocolli diversi. Questo crea una frammentazione che impedisce agli agenti di lavorare insieme in modo fluido”, spiega. Per risolvere questo problema, Salesforce sta lavorando su modelli che possano tradurre e standardizzare la comunicazione tra agenti, garantendo che possano comprendersi a prescindere dalla loro origine.

Savarese sottolinea che questa standardizzazione sarà cruciale per il futuro delle applicazioni aziendali. “Immaginate un mondo in cui gli agenti di un’azienda possano interagire con quelli di altre imprese, negoziando prezzi, gestendo contratti o risolvendo problemi complessi in modo autonomo. Questo può avvenire solo se esiste un linguaggio comune che consenta loro di dialogare in modo sicuro e strutturato”.

Il lavoro su questa infrastruttura è ancora in corso, ma Salesforce sta già collaborando con partner strategici per definire protocolli e modelli condivisi che possano diventare standard di settore. “Non possiamo lasciare che ogni impresa sviluppi il proprio sistema chiuso. La vera rivoluzione arriverà quando avremo un ecosistema di agenti digitali che possano comunicare senza barriere, migliorando l’efficienza e l’intelligenza collettiva dei sistemi aziendali,” conclude Savarese.

L’intelligenza frastagliata e le nuove frontiere del ragionamento AI

Un altro concetto chiave emerso dalla ricerca di Salesforce è quello dell’intelligenza frastagliata (jagged intelligence), termine coniato da Andrej Karpathy, uno dei fondatori di OpenAI, per descrivere il fatto (strano e non intuitivo) che gli LLM allo stato dell’arte sono in grado di svolgere compiti estremamente impressionanti (ad esempio, risolvere problemi matematici complessi) e allo stesso tempo fanno fatica a risolvere problemi molto stupidi. “I modelli attuali tendono a basarsi su informazioni strutturate e disponibili in rete, ma molte delle conoscenze che utilizziamo nel quotidiano sono diffuse tra le persone, nelle esperienze pratiche, nelle competenze maturate sul campo”, spiega Savarese.

Questa conoscenza non formalizzata è una sfida per l’intelligenza artificiale, perché non è facilmente accessibile attraverso i classici strumenti di apprendimento supervisionato. “Molti modelli di IA eccellono nell’analisi di documenti o di informazioni estratte da internet, ma faticano a interpretare il buon senso, le esperienze umane e le sfumature del linguaggio quotidiano”, sottolinea.

Per affrontare questo problema, Salesforce sta lavorando su metodi innovativi per catturare e incorporare queste conoscenze diffuse. “Un aspetto fondamentale è l’interazione con l’utente e l’adattamento progressivo degli agenti digitali. Invece di basarsi esclusivamente su informazioni pre-esistenti, stiamo sviluppando modelli che possano apprendere in modo dinamico dalle interazioni, costruendo una memoria contestuale e migliorando continuamente la propria capacità di ragionamento”, spiega Savarese.

Un esempio pratico riguarda il supporto ai team aziendali: “Un agente digitale può essere addestrato su documentazione ufficiale, ma per diventare veramente utile deve essere in grado di comprendere le prassi operative che non sono documentate esplicitamente, bensì tramandate tra colleghi o sviluppate attraverso l’esperienza”. Questo implica che l’IA non solo deve accedere alle informazioni esistenti, ma anche interpretare il contesto, interagire con gli utenti in modo dinamico e imparare dalle situazioni reali.

Small Language Model: efficienza e controllo nell’IA

Uno dei temi chiave trattati da Savarese è l’importanza degli Small Language Model (SLM), modelli di linguaggio più compatti rispetto ai Large Language Model (LLM) tradizionali. “Abbiamo dimostrato che, in contesti specifici, un modello più piccolo e specializzato può essere altrettanto efficace di uno più grande e costoso,” afferma.

I vantaggi principali di questi modelli sono molteplici. “Gli SLM hanno una latenza inferiore, sono più efficienti in termini di consumo energetico e possono essere facilmente personalizzati per scenari aziendali specifici”. Questo è un aspetto cruciale per Salesforce, che punta a sviluppare soluzioni adattabili alle esigenze di clienti con requisiti diversi.

Un altro beneficio fondamentale è il maggiore controllo sulla qualità del modello. “Modelli più piccoli sono più facili da gestire e monitorare, riducendo il rischio di allucinazioni e risposte inattendibili. Inoltre, sono meno soggetti a problemi di bias rispetto ai modelli di grandi dimensioni, perché possono essere addestrati su dataset più curati e specifici”, un approccio particolarmente utile in settori regolamentati, come la finanza e la sanità, dove la precisione delle risposte è fondamentale.

Infine, gli SLM offrono un impatto ambientale ridotto rispetto agli LLM. “L’addestramento e l’esecuzione di un modello più compatto richiedono meno risorse computazionali, riducendo così l’impronta ecologica dell’IA”. Questo è un aspetto sempre più rilevante, in un contesto in cui le aziende stanno cercando di bilanciare innovazione tecnologica e sostenibilità ambientale.

Savarese vede gli Small Language Model come una delle chiavi per il futuro dell’intelligenza artificiale. “L’idea non è avere un unico modello monolitico che fa tutto, ma piuttosto un ecosistema di modelli specializzati, ottimizzati per compiti specifici. Questo approccio migliora l’efficienza, la personalizzazione e la sicurezza delle soluzioni AI che offriamo ai nostri clienti”.

L’integrazione degli agenti robotici

Il passo successivo sarà vedere questi agenti digitali interagire con il mondo fisico, sia attraverso l’automazione industriale sia nella robotica di consumo,” predice Savarese. L’idea è quella di combinare le capacità di ragionamento e adattamento degli agenti digitali con dispositivi fisici, permettendo loro di eseguire azioni nel mondo reale.

Immaginate un assistente domestico che non solo risponde alle vostre domande, ma è anche in grado di muoversi nello spazio e interagire con oggetti fisici”, propone. Questo scenario apre la porta a nuove applicazioni, dalla logistica all’assistenza sanitaria. “Gli agenti digitali, se integrati con robot avanzati, possono facilitare operazioni complesse come la manutenzione predittiva o il supporto a persone con disabilità”.

Tuttavia, questa evoluzione presenta anche delle sfide, in particolare per quanto riguarda la sicurezza e l’affidabilità. “Dobbiamo assicurarci che questi sistemi siano trasparenti, sicuri e in grado di operare in ambienti dinamici senza errori critici”, sottolinea. Il futuro della robotica intelligente, dunque, dipenderà dalla capacità di sviluppare algoritmi sempre più sofisticati e affidabili.

Silvio Savarese vede un futuro in cui gli agenti digitali diventeranno parte integrante delle nostre vite, aiutandoci a prendere decisioni migliori e a ottimizzare il nostro tempo. “Il nostro obiettivo è creare strumenti che non solo semplifichino il lavoro, ma che siano anche sicuri, trasparenti e realmente utili per le imprese e i consumatori”, conclude.

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