de Raho “apre” alla proposta


È uno spiraglio. Che si apre dopo anni, anni di battaglie condotte da alcune fra le vittime degli errori causati dalla prevenzione antimafia, come Pietro Cavallotti.

Al fianco degli imprenditori innocenti eppure stritolati da sequestri e confische c’è da tempo Nessuno tocchi Caino.

Sembrava che nulla potesse cambiare, in questa legislatura. Ma lo scorso 26 febbraio è successo qualcosa. «Un miracolo», l’ha definito Pietro Pittalis, deputato di Forza Italia che ha inutilmente incardinato in commissione Giustizia alla Camera una riforma “sistemica” delle misure patrimoniali antimafia. Ebbene, lo scorso 26 febbraio, al termine di una riunione nella Sala “Agricoltura”, al quarto piano di Montecitorio, i rappresentanti di tutte le forze politiche hanno raggiunto un’intesa di massima su una modifica che tuteli gli innocenti, secondo due meccanismi giuridici, uno “cautelativo”, per così dire, e uno semplicemente risarcitorio. L’ipotesi formulata durante il confronto promosso da Nessuno tocchi Caino prevede di scongiurare le “catastrofi aziendali”, provocate dalla sostituzione dei titolari con gli amministratori giudiziari, attraverso l’istituto dell’affiancamento. In pratica, il professionista nominato dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale non sarebbe più, come oggi avviene, catapultato in un’azienda che non conosce, né si troverebbe più a gestire un’attività che non ha mai svolto, ma affiancherebbe il titolare dell’impresa, in modo da coniugare la verifica di possibili contaminazioni mafiose con le esigenze di continuità aziendale.

Già un meccanismo del genere ridurrebbe almeno parzialmente il rischio che il sequestro coincida con l’inizio della fine dell’impresa. Dopodiché, nei casi in cui l’azienda viene dissequestrata, se cioè la misura patrimoniale inizialmente disposta dal Tribunale dovesse rivelarsi non necessaria, se gli indizi di contiguità mafiosa dovessero sbriciolarsi ma nello stresso tempo le limitazioni imposte dalla procedimento di prevenzione producessero danni economici, lo Stato non si limiterebbe a restituire all’imprenditore un patrimonio del tutto o in parte distrutto, ma gli riconoscerebbe un ristoro, appunto.

Sono due principi semplici, che pure non interferiscono col controverso e paradossale contrasto fra assoluzioni nel processo penale e permanenza delle misure inflitte con la prevenzione antimafia, fino alla confisca ( paradosso che è esattamente il tratto della vicenda relativa alla famiglia Cavallotti e del conseguente ricorso presentato alla Corte europea dei Diritti umani). Qui non si arriverebbe a quello snodo delicatissimo, ma si creerebbe un argine per ricucire vite e vicende professionali di chi è riconosciuto dalla giustizia, dagli stessi giudici della prevenzione, estraneo alla criminalità organizzata Fin qui l’aspetto tecnico.

Ce n’è uno politico. Importantissimo. Ad aprire, quanto meno, a un’ipotesi del genere, non sono solo i rappresentanti dei partiti che, come Forza Italia, sono da tempo schierati per una riforma della prevenzione antimafia. Ha espresso disponibilità anche il deputato Federico Cafiero de Raho, l’ex magistrato che alla riunione con Nessuno tocchi Caino è intervenuto per il Movimento 5 Stelle. Soprattutto, Cafiero de Raho è stato al vertice della Procura nazionale Antimafia. Un’autorità assoluta. Se nell’accordo bipartisan ci fosse effettivamente il suo contributo, la sfida avrebbe davvero chance di concludersi con successo.

La riunione di fine febbraio è stata densa, tesa in certe fasi, ma anche ricca di spunti. Con Pietro Cavallotti e un altro imprenditore che ha vissuto il suo stesso calvario, Massimo Niceta, e con i vertici di Nessuno tocchi Caino – Sergio D’Elia, Elsabetta Zamparutti e Rita Bernardini – vi hanno preso parte la Lega con Simonetta Matone, FI con Tommaso Calderone, Enrico Costa e Pietro Pittalis, Noi moderati con Saverio Romano ( che da avvocato è stato anche legale dei Cavallotti). Dall’altra parte erano schierate tutte le forze di opposizione: oltre ai 5 Stelle e de Raho, sono intervenuti il Pd con la responsabile Giustizia Debora Serracchiani, Avs con Elisabetta Piccolotti, Italia viva con Davide Faraone e Roberto Giachetti, + Europa con Benedetto Della Vedova, Azione con Antonio D’Alessio. La proposta di circoscrivere un’eventuale modifica legislativa ad “affiancamento” e risarcimenti è emersa proprio dall’intervento di Cafiero de Raho. È stato poi Faraone a rilanciarla come ipotesi di accordo.

Ora Nessuno tocchi Caino, Cavallotti e Niceta sono al lavoro per scrivere una proposta di legge. La sottoporranno agli stessi parlamentari intervenuti il 26 febbraio. Tra i quali non c’erano rappresentanti di Fratelli d’Italia solo perché il meloniano Ciro Maschio era impegnato a condurre i lavori della commissione Giustizia di Montecitorio della quale è presidente. Ma certo, un’ipotesi che tutelasse esclusivamente le imprese, chi ci lavora e chi è estraneo a condizionamenti criminali difficilmente troverebbe contrario il partito di Giorgia Meloni.

È uno spiraglio. Ma può riportare un principio di giustizia in storie da cui finora le persone innocenti sono uscite a pezzi.



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