Per Campania e Calabria scommessa sulla cultura


Il patrimonio culturale rappresenta un pilastro fondamentale dello sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno, e oggi la digitalizzazione dei beni culturali diventa una sfida imprescindibile. Per percorrere questo solco, Città della Scienza di Napoli ha inaugurato l’Hub Calabria-Campania, un polo d’eccellenza che si inserisce nell’ambito del programma «Dicolab. Cultura al digitale«, promosso dal Ministero della Cultura-Digital Library, nell’ambito del PNRR Cultura 4.0 e finanziato con fondi Next GenerationEU. Si tratta di uno dei dieci poli formativi nazionali chiamati a diffondere sul territorio strumenti e competenze per la trasformazione digitale del sistema culturale italiano, con particolare attenzione al Sud.

A fare da capofila dell’Hub per le due regioni è la Fondazione Idis-Città della Scienza, che gestirà le attività formative in sinergia con Mediateur e l’Accademia Da Vinci di Cosenza. Un progetto ambizioso che coinvolgerà biblioteche, archivi, musei e siti archeologici della Campania e della Calabria, territori che da soli contano più di 1.400 istituzioni culturali, e dove, solo in Campania, la cultura genera oltre la metà della spesa turistica complessiva. L’avvio ufficiale è stato affidato a un evento inaugurale che ha visto la partecipazione di numerosi protagonisti del settore tra cui il presidente della Fondazione Idis, Riccardo Villari, che ha considerato l’iniziativa «fondamentale per il comparto artistico e culturale del Sud ma anche ti tanti giovani che saranno coinvolti». «Quello che emerge con forza – ha dichiarato Luciano De Venezia, project manager di Mediateur – è che la transizione digitale non è più un’opzione ma una necessità per il nostro patrimonio culturale. Il digitale aumenta l’accessibilità dei beni, ne favorisce la conservazione e permette di veicolare le nostre eccellenze in mercati internazionali. In Campania stiamo assistendo a una produzione impressionante di contenuti digitalizzati e ciò ha generato un indotto occupazionale non trascurabile, coinvolgendo centinaia di professionisti altamente qualificati. È una trasformazione che tocca da vicino la comunità, dai visitatori ai lavoratori del settore culturale». Secondo De Venezia, il percorso formativo appena avviato sarà uno strumento cruciale per «traghettare la comunità culturale del territorio verso il futuro digitale, rispondendo concretamente alle esigenze di chi ogni giorno lavora a contatto con il patrimonio».

Il fulcro

Fabrizio Pedroni, responsabile dell’area Digital Education & Training della Scuola nazionale del patrimonio e delle attività culturali, ha illustrato la visione strategica di Dicolab. «Il nostro obiettivo – ha spiegato – è accompagnare la diffusione del piano nazionale di digitalizzazione, portando sul territorio, attraverso dieci hub, laboratori pratici e percorsi formativi che rendano operative le competenze necessarie al cambiamento. Gli hub sono stati pensati come spazi di dialogo e di confronto tra tutti gli attori coinvolti: ministero, pubbliche amministrazioni, istituti culturali, imprese private, liberi professionisti e studenti. È fondamentale – ha aggiunto Pedroni – che la trasformazione digitale del patrimonio culturale sia un processo condiviso e partecipato, che coinvolga non solo gli addetti ai lavori, ma l’intera comunità».

A questa visione operativa si è affiancata una riflessione più ampia sul ruolo delle università e dei saperi umanistici nell’epoca della digitalizzazione. Paola Villani, direttore del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, ha posto l’accento sulla necessità di costruire un nuovo umanesimo. «Le università non possono più sottrarsi al compito di ripensare la formazione in chiave digitale. Serve un cambio di paradigma che superi la tradizionale dicotomia tra saperi umanistici e tecnologia. Dobbiamo formare professionisti che siano, insieme, custodi della cultura e innovatori digitali. Altrimenti – ha ammonito – rischiamo di produrre strumenti vuoti, privi di contenuti e fini. E il nostro patrimonio merita molto di più». Villani ha poi sottolineato come le resistenze siano ancora vive, soprattutto tra gli studenti delle discipline umanistiche, spesso riluttanti a integrare la loro formazione con competenze digitali.

Il programma

Il programma dell’Hub Calabria-Campania, che si svilupperà da marzo 2025 a febbraio 2026, propone 42 corsi gratuiti rivolti a personale del Ministero della Cultura, a enti pubblici e privati, ma anche a imprese, liberi professionisti, studenti universitari e accademici. Le sedi formative saranno distribuite tra Napoli, Caserta, Cosenza, Reggio Calabria, Castrolibero e Sibari, coinvolgendo docenti ed esperti da tutta Italia. I temi affrontati saranno trasversali e attuali: dal digital storytelling alla gestione dei dati culturali, dalla stampa 3D all’intelligenza artificiale, fino alla gamification e all’accessibilità digitale.

Una formazione che non sarà meramente teorica. «Vogliamo offrire corsi il più possibile pratici e laboratoriali – ha spiegato De Venezia – proprio perché gli operatori culturali hanno bisogno di strumenti operativi per affrontare la complessità della transizione digitale».

Un’opportunità cruciale per il Sud, dove ancora oggi il divario tecnologico costituisce un ostacolo allo sviluppo pieno delle potenzialità del “museo diffuso” rappresentato dai territori di Campania e Calabria. Ma il progetto punta anche a rafforzare la competitività del settore culturale sui mercati globali, offrendo a professionisti e istituzioni competenze riconosciute e spendibili a livello europeo, grazie alla certificazione Open Badge.

Con questo progetto, l’Hub Calabria-Campania si candida dunque a diventare un laboratorio di sperimentazione e crescita, capace di mettere in rete saperi, territori e persone. E di proiettare la tradizione millenaria del patrimonio culturale del Sud verso un futuro connesso e innovativo.





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