(Teleborsa) – Gli incentivi regionali per le start-up innovative hanno stimolato la nascita di nuove imprese, ma quelle finanziate hanno registrato una crescita economica più lenta rispetto a quelle nate senza sostegno pubblico. Il costo medio per la creazione di un posto di lavoro è stato di 234 mila euro.
Secondo l’analisi del Centro studi di Unimpresa, il programma lanciato nel 2012 dalla Regione Lazio con un budget di 14 milioni di euro ha finanziato 134 progetti su 270 domande, coprendo fino all’80% dei costi con contributi tra 35mila e 150mila euro per progetto. Il 96% delle start-up finanziate è effettivamente nato, rispetto al 27% di quelle non finanziate. In particolare, il 52% delle imprese beneficiarie non sarebbe nato senza il sostegno pubblico. Il costo medio per ogni nuova impresa creata è stato di 210mila euro, con circa 60 nuovi posti di lavoro generati direttamente dal programma.
Nonostante il successo iniziale, le start-up finanziate hanno mostrato un fatturato medio inferiore di 130mila euro, un numero di dipendenti inferiore di 0,7 unità e asset più bassi di 115mila euro rispetto a quelle non finanziate. Il tasso di sopravvivenza, però, è risultato simile: dopo due anni, il 90% delle start-up finanziate era ancora attivo, contro il 92% delle non finanziate; dopo cinque anni, il tasso è stato del 72% contro il 73%. L’impatto sull’innovazione è stato limitato, con un numero di brevetti registrati simile tra i due gruppi. Tuttavia, le imprese finanziate hanno avuto maggiore accesso a ulteriori fondi pubblici: il 25% ha ricevuto nuovi contributi nei cinque anni successivi, rispetto a meno del 10% delle start-up non finanziate.
Il programma ha avuto successo nel favorire la creazione di imprese, ma la crescita limitata delle aziende finanziate è legata alla propensione degli enti pubblici a selezionare progetti meno rischiosi e, di conseguenza, meno ambiziosi.
“La politica ha avuto successo nell’aumentare il numero di nuove start-up innovative e nel garantire una sopravvivenza nel medio periodo simile a quella di imprese nate senza incentivi. Tuttavia, le imprese finanziate hanno mostrato una crescita economica inferiore rispetto alle altre, soprattutto a causa di una minore propensione al rischio da parte degli enti pubblici nel processo di selezione dei progetti. Per aumentare l’impatto economico e occupazionale della politica, potrebbero essere modificati i criteri di selezione, premiando progetti più ambiziosi e a maggiore rischio. Risorse pubbliche possono essere complementari a finanziamenti privati, ma, per ottenere effetti duraturi, questo tandem di fondi dovrebbe essere integrato con strategie di sostegno post-avvio e incentivi alla crescita”, commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.
Il Centro studi di Unimpresa, utilizzando dati della Banca d’Italia, ha analizzato una politica regionale della Regione Lazio, avviata nel 2012, per sostenere la nascita di start-up innovative tramite contributi pubblici diretti. Il programma prevedeva finanziamenti tra 35mila e 150mila euro per progetto, coprendo fino all’80% dei costi ammissibili, tra cui spese di avvio, investimenti e personale, con un budget complessivo di 14 milioni di euro. L’iniziativa era destinata ad accademici, ricercatori, giovani laureati in ambito scientifico e titolari di borse di studio.
Tra agosto 2012 e giugno 2013 sono state presentate 307 domande, di cui 270 ammesse alla valutazione: 134 progetti sono stati finanziati e 136 esclusi. Il programma ha avuto un impatto significativo sulla creazione di nuove imprese: il 96% dei progetti finanziati ha portato alla nascita di un’impresa, contro solo il 27% dei progetti non finanziati. In termini assoluti, il 52% delle imprese finanziate (67 in totale) non sarebbe nato senza il supporto pubblico.
Tuttavia, le aziende finanziate hanno registrato una crescita economica inferiore rispetto a quelle nate senza incentivi pubblici. Il loro fatturato medio è stato inferiore di circa 130mila euro, il numero di dipendenti inferiore di 0,7 unità e il patrimonio netto più basso di circa 115mila euro. La principale causa di questa differenza è stata una minore presenza di ‘high-growth firms’ tra le start-up finanziate. I progetti selezionati tendevano a essere meno ambiziosi rispetto a quelli che hanno ottenuto finanziamenti privati, suggerendo che la selezione pubblica abbia privilegiato progetti a basso rischio, limitandone così il potenziale di crescita.
Nonostante la crescita più lenta, la capacità di sopravvivenza delle start-up finanziate è risultata simile a quella delle altre. Dopo due anni, il 90% delle imprese finanziate era ancora operativo, contro il 92% delle non finanziate. Dopo cinque anni, il tasso di sopravvivenza è stato rispettivamente del 72% e del 73%. Questo dimostra che il programma ha favorito la nascita di imprese solide e in grado di mantenersi sul mercato, sebbene con performance economiche più contenute.
L’impatto sull’innovazione è stato modesto: il numero di brevetti registrati non ha mostrato differenze significative tra start-up finanziate e non finanziate. Tuttavia, le imprese sostenute hanno avuto maggiore accesso a ulteriori fondi pubblici: il 25% ha ricevuto nuovi finanziamenti nei cinque anni successivi, rispetto a meno del 10% delle non finanziate. Questo effetto è attribuibile al cosiddetto ‘effetto reputazione’, che ha reso le start-up finanziate più credibili agli occhi degli enti pubblici, facilitando così l’accesso a nuovi capitali.
Il programma ha generato la nascita di 67 nuove imprese, con un costo medio per impresa di circa 210mila euro. Sono stati creati circa 60 nuovi posti di lavoro, con una media di 0,9 dipendenti per impresa e un costo medio per posto di lavoro di circa 234mila euro. Il valore aggiunto medio annuo generato dalle start-up finanziate è stato di circa 25.600 euro per impresa, per un totale di circa 1,7 milioni di euro all’anno. Di conseguenza, per recuperare i costi del programma sarebbero necessari circa otto anni di attività – o dodici anni, considerando che il 30% delle imprese non sopravvive oltre i cinque anni.
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