Si chiamano Sad, sussidi ambientalmente dannosi, e in Italia ammontano ogni anno a 24,187 miliardi di euro, mentre i finanziamenti verdi raggiungono i 20,291 miliardi, quelli di incerta classificazione arrivano a 13.7867. Gli investimenti che danneggiano l’ambiente e clima stanno accelerando il superamento dei limiti planetari.
Non è un’iperbole, li stiamo superando davvero: nel 2009 un gruppo di scienziati propose il concetto di limiti planetari, cioè limiti di sicurezza di nove processi del sistema Terra che, se superati, potrebbero generare un cambiamento ambientale in grado di mettere in pericolo l’esistenza umana. Molti studi hanno indagato la trasversalità dei limiti planetari al sistema agroalimentare, causa e vittima del loro superamento. Tuttavia, la maggior parte dei sussidi agricoli sostiene attività responsabili di degrado del suolo, inquinamento ed emissioni. Il sistema legato agli allevamenti intensivi assorbe gran parte dei fondi, contribuendo al cambiamento climatico e all’acidificazione degli oceani, mentre l’uso eccessivo di prodotti fitosanitari interferisce con il flusso biogeochimico e la biodiversità.
Effetto finanziario SAD, SAI e SAF in Italia, 2022
Fonte dei dati: Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli, MATTM
Più soldi alle pratiche agricole meno virtuose
Con un effetto finanziario di 2.074 miliardi di euro nel 2022, una delle misure più importanti di sostegno al reddito alle aziende agricole italiane (Regime di pagamento di base) ha un impatto ambientale catalogato dal Ministero dell’Ambiente come “incerto” perché la sua erogazione manca di una “condizionalità ambientale” prescindendo la sostenibilità delle pratiche agricole, ed è disaccoppiato, quindi assegnato per superficie senza considerare le produzioni agricole ottenute.
In un report pubblicato a Dicembre 2024, l’United Nations Convention to Combat Desertification evidenzia che sette limiti planetari sono impattati da un uso insostenibile del territorio. Riconosce l’agricoltura responsabile dell’80% della deforestazione e le pratiche agricole convenzionali come il principale responsabile del degrado e dell’erosione del suolo (limite “land system change”). Il report denuncia l’enorme quantità di finanziamenti a pratiche agricole spesso in contrasto con una gestione efficace del territorio, e che più di mezzo trilione di dollari sono stati spesi per supportare il danneggiamento dell’ambiente. Parliamo spesso di monocolture invasive che riducono la biodiversità e impoveriscono i suoli. A livello globale si stima che l’80% dell’uso del suolo agricolo sia dedicato a coltivazioni per l’alimentazione animale e ai pascoli.
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Il comparto allevamenti intensivi ci trascina oltre i limiti
Gran parte dei sussidi dall’impatto incerto o dannoso riguardano gli allevamenti zootecnici. Nel catalogarli, il Ministero dell’Ambiente riconosce le pesanti responsabilità del settore, soprattutto le emissioni di gas metano e protossido di azoto, ma commenta che essendoci una domanda del mercato, se si disincentivasse la produzione di carne e latticini sarebbe prevedibile un aumento delle importazioni di questi prodotti, causando quindi un aumento delle emissioni dovute al loro trasporto. Si suppone un aumento dell’import anche se si incentivassero pratiche di allevamento più stringenti, motivato dall’aumento del costo finale del prodotto. In realtà finanziando una transizione a modelli produttivi meno impattanti e relative politiche sui consumi e diete più salubri, il prezzo finale scenderebbe e si ridurrebbe la competizione con prodotti esteri di minor qualità.
La situazione italiana ricalca quella Europea: l’82% dei fondi della Politica Agricola Comune (PAC) supporta i prodotti di origine animale (38% diretti e 44% per i mangimi), ovvero 46 miliardi di euro dei 57 miliardi del bilancio annuale. (11) Questi sono associati all’84% delle emissioni di gas serra causate dalla produzione alimentare dell’UE, che contribuiscono al superamento dei limiti planetari “climate change” e “ocean acidification”.
Le conseguenze dell’eccesso di azoto
Considerato di impatto incerto è anche il fondo nazionale per la suinicoltura, che incentiva un settore dalle elevate emissioni di ammoniaca e ossidi di azoto. L’eccessivo azoto nei terreni e nelle falde acquifere causato dai reflui degli allevamenti influisce anche sulla perdita di biodiversità e aumenta il livello di N2O e di gas N reattivi nella zona troposferica, incidendo sui limiti “freshwater change”, “change in biosphere integrity”, e “atmospheric aerosol loading”.
Un esempio allarmante è la Lombardia, dove viene allevato il 48% dei suini in Italia e con il primato di 230 capi tra suini e bovini per km2. Parliamo di 165 comuni a rischio ambientale per eccessivi carichi di azoto. Un’indagine di Greenpeace ha rivelato che le aziende zootecniche localizzate in questi comuni nel 2023 hanno ricevuto il 40% dei fondi della PAC destinati alla zootecnia lombarda. Le conseguenze sulla salute sono gravissime: per questo il Ministero ha catalogato anche i sussidi ai fertilizzanti generici come dannosi, motivando che, secondo le analisi a livello nazionale dell’Ispra e a livello regionale dell’ARPA, le elevate emissioni azotate causate dai fertilizzanti e dagli allevamenti sono suscettibili di trasformarsi in aerosol nitrati e ammonio, risultando in un inquinamento dell’aria “con effetti di mortalità e morbilità comprovati ed esternalità monetarie elevate”. Ma non solo: l’uso eccessivo di fertilizzanti a base di azoto e fosforo destabilizza inoltre gli ecosistemi, interferendo con i corrispondenti cicli di nutrienti, incidendo così sul limite planetario “modification of biogeochemical flows”.
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Le proteste dei trattori hanno dettato le politiche agricole
L’agevolazione prevista per gasolio e benzina nei lavori agricoli, a discapito di carburanti meno impattanti, è un altro sussidio classificato “dannoso”. Il taglio a questa agevolazione è stata una delle scintille che aveva innescato le proteste degli agricoltori tedeschi a inizio 2024, sfociando poi in marce in tutta Europa che hanno ottenuto grandi risultati nella riduzione dei vincoli ambientali: “L’influenza dei trattori è stata efficacissima nello smantellare buona parte delle misure ambientali previste da strategie europee come la Farm to fork, tradotta spesso in una artefatta prospettiva di conflittualità ambiente versus agricoltura” – conferma Federica Ferrario, Responsabile delle Campagne di Terra!, una delle associazioni promotrici della Proposta di Legge per una transizione agroecologica della zootecnia – “facendo però gli interessi di un circolo ristretto, le imprese più grandi e intensive, mentre le aziende agricole medio-piccole continuano a chiudere e il potere si accentra sempre più” come denuncia il testo della Proposta: l’80% dei fondi europei per l’agricoltura italiana finanzia solo il 20% di grandi aziende agricole.
Sulla scia delle proteste, la proposta di riduzione dei pesticidi, che avrebbe potuto invertire la rotta del limite planetario “novel entities”, è stata fermata, e la “Restoration Law” è stata approvata dopo pesanti modifiche, stabilendo obiettivi senza reali obblighi vincolanti per il settore agricolo. “L’inverdimento della PAC è stato un fallimento totale e quello che non si è ancora capito (o meglio, non si vuole capire) è che più andiamo avanti a posticipare o eliminare le misure ambientali, più sarà difficile e costoso invertire la rotta” – ribadisce Federica Ferrario – “finanziare una transizione verso pratiche più virtuose non è un investimento a fondo perduto: si riducono gli input negativi, risparmiando sul sistema sanitario, e si costruisce un futuro a un settore in sofferenza, è un win-win da più parti.”
Purtroppo, il futuro immaginato dall’UE non inverte la rotta presa finora: il 19 Febbraio 2025 è stata pubblicata la nuova “Vision for Agriculture and Food” in cui, seppur riconoscendo la necessità di “un settore agroalimentare a prova di futuro che operi entro i limiti planetari”, gli obiettivi delineati non vanno nella direzione di invertire la rotta del superamento dei limiti, con gravi mancanze che tracciano la totale demolizione del Green Deal. Molti punti del documento sono ancora da elaborare concretamente, e la redistribuzione dei sussidi agricoli deve giocare un ruolo chiave: la Commissione europea e i piani strategici degli Stati membri serviranno gli interessi delle lobby o terranno conto dei limiti planetari per garantire un’agricoltura e un cibo davvero “a prova di futuro”?
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