Dal 1° gennaio 2026 sarà applicabile il nuovo regime fiscale del Terzo Settore. Al fine di evitare sovrapposizioni, assume notevole rilevanza il coordinamento normativo tra il Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017, CTS) e le altre disposizioni fiscali attualmente vigenti: in tal senso, la norma di riferimento è rappresentata dall’art. 89 CTS.
Il coordinamento normativo
L’art. 89 D.Lgs. 117/2017 specifica quali disposizioni del DPR 917/86 non sono applicabili agli Enti del Terzo Settore (ETS). Bisogna tenere conto, infatti, che l’art. 79 CTS prevede ora disposizioni autonome in materia di imposizione sui redditi, le quali però non escludono l’applicazione del TUIR qualora sia compatibile con la nuova disciplina. Appare evidente che il Legislatore abbia inteso non rimettere unicamente all’interprete tale valutazione, chiarendo in maniera esplicita alcune norme che non saranno più applicabili agli ETS.
In particolare, ci si riferisce a:
- l’art. 143 c. 3 TUIR. Questa importante disposizione, infatti, ha da sempre disciplinato nel nostro ordinamento giuridico il trattamento fiscale delle raccolte fondi, le quali, qualora di natura occasionale, rappresentano tradizionalmente proventi decommercializzati. Ebbene, al fine di implementare la funzione di finanziamento che tali raccolte rappresentano per gli ETS, il Legislatore ha deciso di prevedere una disciplina autonoma, all’art. 7 CTS, permettendo l’espletamento di queste attività anche in forma organizzata e continuativa. Ai sensi del CTS, comunque, non concorrono alla formazione del reddito degli ETS non commerciali i fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione;
- l’art. 144 c. 2, 5 e 6 TUIR. Tale esclusione si giustifica essenzialmente alla luce dell’art. 13 CTS, rubricato “Scritture contabili e bilancio”, e seguenti, i quali prevedono specifici obblighi contabili per gli ETS;
- gli artt. 148 e 149 TUIR. Queste due disposizioni, le quali disciplinano rispettivamente il regime di decommercializzazione delle attività commerciali degli enti associativi e la perdita della qualifica di ente non commerciale, infatti, si rendono superflue alla luce dell’art. 79 CTS, il quale contiene al suo interno una compiuta disciplina sul mutamento di qualifica degli ETS e sulla natura delle attività dagli stessi svolte.
In materia di imposizione sui redditi, inoltre, l’art. 89 CTS prevede alcune disposizioni specifiche alla luce della disciplina unitaria in materia di deducibilità delle erogazioni liberali effettuate nei confronti degli ETS, prevedendo di fatto la non cumulabilità tra elargizioni analoghe.
Per quanto riguarda, invece, l’Imposta sulle successioni e donazioni e l’Imposta ipocatastale, non si applicano agli ETS le esenzioni di cui all’art. 3 c. 1 e 2 D.Lgs. 346/90 e di cui agli art. 1 c. 2 e art. 10 c. 3 D.Lgs. 347/90. In questo caso, infatti, la norma di riferimento è l’art. 82 CTS, il quale prevede che non sono soggetti a tali tributi i trasferimenti a titolo gratuito effettuati a favore degli ETS (comprese le cooperative sociali ed escluse le imprese sociali costituite in forma di società), qualora utilizzati per lo svolgimento delle attività statutarie con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Tali norme, comunque, continueranno ad applicarsi ai trasferimenti a titolo gratuito non relativi ad attività di interesse generale, se eseguiti a favore di enti religiosi civilmente riconosciuti e delle fabbricerie iscritti al RUNTS.
Non si applicano, infine, agli ETS le disposizioni tributarie relative alle Associazioni Sportive Dilettantistiche di cui alla L. 398/91. Anche in questo caso, infatti, il CTS ha previsto una disciplina alternativa, rappresentata dal regime forfettario per gli enti del terzo settore non commerciali ai sensi dell’art. 80.
Le disposizioni fiscali per le imprese sociali
Abbandonando il campo d’indagine incentrato sul CTS, notevole rilevanza sistematica è assunta anche dalle disposizioni fiscali rivolte alle imprese sociali, contenute nell’art. 18 D.Lgs. 112/2017, anch’esse interessate dal via libera dell’8 marzo 2025 della Commissione UE. Tale novità tributaria è stata introdotta al fine di promuovere la costituzione di tali soggetti, i quali avevano trovato scarsa diffusione poiché agli stringenti vincoli previsti per le stesse non corrispondeva un adeguato regime di favore.
Da segnalare, in particolare, sono le norme in materia di imposizione sui redditi. Anzitutto, non concorreranno alla formazione del reddito imponibile delle imprese sociali le somme destinate al versamento del contributo per l’attività ispettiva svolta nei loro confronti, nonché le somme destinate ad apposite riserve ai sensi dell’articolo 3, c. 1 e 2. Si ricordi, infatti, che l’impresa sociale deve destinare eventuali utili ed avanzi di gestione, la cui distribuzione è vietata, allo svolgimento dell’attività statutaria o all’incremento del proprio patrimonio. Non costituiranno reddito imponibile, inoltre, le imposte riferibili alle variazioni effettuate ai sensi dell’art. 83 TUIR, a condizione che si determini un utile o un maggior utile da destinare a incremento del patrimonio.
Il Legislatore, poi, ha previsto la possibilità di detrarre dall’imposta lorda IRPEF un importo pari al 30% della somma investita dal contribuente nel capitale sociale di una o più società, incluse società cooperative, che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale da non più di cinque anni. L’ammontare, in tutto o in parte, non detraibile nel periodo d’imposta di riferimento potrà essere riportato nei periodi d’imposta successivi fino al terzo, considerando la soglia massima di detrazione di 1.000.000 euro per ciascuna annualità e che l’investimento dovrà poi essere mantenuto per almeno cinque anni.
Per i soggetti passivi IRES valgono le medesime regole, ma aumenta la soglia massima d’investimento (1.800.000 euro per ciascun periodo d’imposta). In generale, tali disposizioni sono applicabili agli atti di dotazione e ai contributi di qualsiasi natura in favore di fondazioni che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale da non più di cinque anni. applicano anche agli atti di dotazione e ai contributi di qualsiasi natura, posti in essere successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, in favore di fondazioni che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale da non più di cinque anni.
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