decreto EPR nazionale “entro il 2025”




Il Ministero dell’Ambiente punta a chiudere entro quest’anno il regolamento nazionale sulla responsabilità estesa del produttore nel settore tessile. In parallelo con l’adozione della nuova direttiva europea che obbligherà tutti gli Stati membri ad attivare regimi EPR


L’Italia preme sull’acceleratore per l’istituzione del regime nazionale di responsabilità estesa del produttore nel settore tessile. La bozza di regolamento messa a punto dal Ministero dell’Ambiente è attualmente al vaglio del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, ma “vogliamo correre e contiamo di chiuderlo entro il 2025”, ha detto la capo dipartimento per lo sviluppo sostenibile del MASE Laura D’Aprile, ascoltata dalla commissione Ambiente della Camera.

Già a partire dalla fine di quest’anno, quindi, i costituiti consorzi dei produttori di tessile e abbigliamento potrebbero doversi allineare al quadro regolatorio comune che dovrà stabilire, tra l’altro, i criteri per il prelievo di un contributo economico su ogni capo immesso a mercato e l’utilizzo delle risorse per garantire la corretta gestione del fine vita dei prodotti.

Un lavoro che viaggerà su binari paralleli a quelli dell’Ue, dove nelle prossime settimane si finalizzerà la riforma della direttiva quadro rifiuti, con la prevista introduzione dell’obbligo, per tutti gli Stati membri, di istituire regimi EPR armonizzati. L’intesa provvisoria tra Consiglio e Parlamento è arrivata a fine febbraio, “il testo potrebbe essere votato in plenaria alla fine dell’autunno e la pubblicazione potrebbe avvenire entro il 2025“, ha detto D’Aprile, lasciando quindi intendere che per l’istituzione dell’EPR italiano non si attenderà il recepimento formale della direttiva nell’ordinamento nazionale.

Nessun rischio di un disallineamento tra la disciplina nazionale e quella comunitaria, ha garantito la capo dipartimento. “I criteri dell’Ue avranno una portata generale – ha spiegato – noi ci inseriremo valorizzando le filiere industriali nazionali. Stiamo lavorando in parallelo“, ha detto, anche ascoltando i portatori d’interesse pubblici e privati di settore “per garantire il bilanciamento delle posizioni in campo”. L’EPR, ha chiarito D’Aprile, dovrà quindi da un lato “tenere conto delle necessità del comparto industriale di beneficiare di materiali derivanti da riciclo, contrastando l’ingresso di tessili extra Ue meno controllati dal punto di vista sanitario e ambientale, e dall’altro mantenere una filiera virtuosa nazionale che è quella del riuso”, rispetto alla quale “non andremo a stravolgere un sistema che già funziona”.

Parole che sembrano rispondere agli appelli degli operatori industriali della raccolta e del recupero di tessili e indumenti usati, che da sempre premono per un EPR che supporti il mercato già esistente, piuttosto che duplicarne funzioni e strutture. Appelli che, nelle ultime settimane, sono diventati un vero e proprio grido allarme per il rischio di un crollo del sistema, schiacciato da costi di trattamento in aumento e ricavi in calo sul fronte del ‘second hand’. Secondo il presidente di UNIRAU Andrea Fluttero in attesa dell’attivazione dei regimi EPR, e delle risorse che dovranno contribuire a garantire il corretto funzionamento delle filiere del fine vita, serve un piano d’azione urgente “per evitare il collasso”.





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