Evitare “effetto boomerang” delle Garanzie Pubbliche


Evitare per le PMI “l’effetto boomerang” delle Garanzie Pubbliche e preservare addizionalità economica e finanziaria a vantaggio delle economie territoriali del principale strumento di politica economica per le Imprese al fine di agevolare accesso al credito

Quadro di Sintesi

Tenuto conto di una «EVOLUZIONE NORMATIVA EPOCALE» che ha avuto impatto significativo sia per gli Istituti di Credito che per le Imprese: EBA LOM – European Banking Autority (EBA) Loan Origination and Monitoring (LOM), Codice Civile ed Adeguati Assetti Organizzativi, Amministrativi e Contabili, L’importanza dell’informativa di bilancio nel rapporto Banca /Impresa, L’importanza del Rating per le Imprese, Passaggio da una Logica Backward Looking a Logica Forward Looking (approccio “educativo” da parte del principale strumento di politica economica per le imprese nel favorire l’accesso al credito delle PMI), Codice Crisi Impresa e dell’insolvenza – Dlgs 14/2019, Regolamento (UE) 2024/1623 (CRR III) che modifica il Regolamento sui requisiti patrimoniali e la Direttiva (UE) 2024/1619 (CRD VI), che modifica la Direttiva sui requisiti patrimoniali, relativamente ai nuovi standard emanati nell’ambito del framework di Basilea 3 (c.d. Basilea 3 plus).

 

Tenuto conto di alcuni importanti “Fattori Esterni o Fattori di Rischio” che impattano sulla vita aziendale:

– Covid-19 e e lo smaltimento post-Covid dell’arretrato di insolvenze;

– Inflazione, aumento dei tassi, rischio di credito. L’aumento dei costi di produzione erode i profitti e mette a dura prova la tenuta finanziaria delle imprese;

– Debolezza della domanda internazionale e le forti incertezze ed instabilità di natura geopolitica ed economica (dal perdurare dei conflitti bellici) che stanno facendo sentire i propri effetti anche sul profilo creditizio delle imprese italiane che, dopo i fasti del biennio 2021-2022, dimostrano un tasso di rischiosità crescente;

– Il calo del potere di acquisto delle famiglie e la diminuzione della domanda di beni e servizi pesa sui fatturati aziendali;

– Scenario economico incerto: l’andamento della crisi, influenzato da fattori geopolitici, energetici e monetari, può determinare un numero variabile di chiusure;

– Dimensione aziendale delle imprese italia: le Micro, Piccole e Medie imprese, spesso con minori risorse finanziarie, potrebbero essere più vulnerabili.

 

In Italia si stima che quasi 30.000 aziende potrebbero essere a rischio insolvenza nei prossimi due anni. Nel nostro paese la ripresa delle insolvenze aziendali è aumentata in modo significativo nella seconda metà del 2024, registrando uno dei maggiori incrementi a livello globale: +45% rispetto al +9% del 2023. È interessante notare che questa accelerazione è il risultato di un aumento a doppia cifra registrato in tutti i settori. In particolare, quelli più colpiti sono costruzioni (+62%), manifatturiero (+58%), commercio (+50%) e ospitalità (+39%). Le stime per il futuro parlano di 14.000 casi di insolvenze per il 2025 e 14.300 casi nel 2026. Il tutto con conseguenze sul mercato del lavoro: Gli incrementi nel numero di casi di insolvenze aziendali globali potrebbero esercitare un impatto non irrilevante anche sull’occupazione.

𝗖𝗼𝗺𝗲 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗿𝗮𝘀𝘁𝗮𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝗳𝗲𝗻𝗼𝗺𝗲𝗻𝗼?

L’accesso al credito e gli strumenti di gestione e mitigazione del rischio finanziario possono aiutare le imprese a mantenere liquidità e continuità operativa. L’espansione del credito può aiutare a ridurre le insolvenze aziendali fornendo alle imprese la liquidità necessaria per gestire gli obblighi di debito, sostenere le operazioni e investire nella crescita. Le “regole” che governano l’accesso al credito, soprattutto in questo scenario recessivo, devono consentire alle aziende maggiormente colpite dalla crisi anche di rifinanziare i debiti, allungare le scadenze ed “alleggerire” il carico della rata mensile, colmare i cali di reddito ed evitare il fallimento, specialmente durante le fasi di recessione economica.

A tal riguardo pongo l’accento su un aspetto di rilevanza fondamentale ovvero evitare “l’effetto boomerang” delle Garanzie Pubbliche e preservare addizionalità economica e finanziaria a vantaggio delle economie territoriali.

Sul tema sono necessari alcuni cambiamenti normativi affinché il Fondo di Garanzia per le PMI di cui alla L.662/96 possa continuare a svolgere un ruolo di sostegno alle Imprese nell’ambito delle rinegoziazioni e/o consolidamenti, svolgere una importante funzione “anticiclica” al fine di “passare”, sullo specifico tema delle rinegoziazioni/consolidamenti, dal possibile effetto “boomerang” delle garanzie a svolgere un ruolo “anticiclico e di sostegno” alle imprese e alle economie territoriali, assicurando addizionalità economica e finanziaria e soprattutto di tutela e protezione delle risorse pubbliche.

Quadro di sintesi

La maggior parte dei finanziamenti in essere garantiti dal Fondo di Garanzia per le PMI di cui alla L.662/96 concessi dagli Istituti di Credito a partire dall’avvio delle misure emergenziali (marzo 2020 in poi) hanno una garanzia all’80%, 90%, 100% e in pochissimi casi al 60%. La stragrande maggioranza di questi finanziamenti sono stati concessi alle imprese a tasso variabile ed alcuni con scadenze medie di 5/6 anni. Si ricorda inoltre che sono stati concessi finanziamenti garantiti anche alle imprese classificate in fascia 5 del modello di valutazione come previsto dalle misure emergenziali e con proroga parziale fino al 31.12.2023.

A Partire dal 1° gennaio 2024 e poi 2025 sono state completamente rimodulate di condizioni di accesso sia in termini di ammissibilità che in termini di % di garanzia.

Le disposizioni attuali del Fondo di Garanzia per le PMI sulle operazioni c.d. Rating prevedono per rinegoziazioni e/o consolidamenti percentuali di copertura al 50%, la non ammissibilità delle imprese in fascia 5  e con aiuti in “de minimis” non capienti in base alla tipologia di operazione, ed inoltre aggiungo che possono essere rinegoziate e/o consolidate su stessa banca solo linee di credito già garantite dal Fondo di Garanzia per le PMI o linee di credito in essere su altri istituti di credito anche se non garantiti dal Fondo di Garanzia per le PMI

E’ del tutto evidente che in base alle disposizioni attuali su indicate (garanzia 50%) potrebbe essere “disincentivante” per gli Istituti di Credito accettare e/o proporre piani di rinegoziazioni e/o consolidamenti utili alle imprese e finalizzati alla rimodulazioni delle condizioni soprattutto in termini di durata (e magari aggiungere un piccolo importo di liquidità) delle posizioni già precedentemente garantite dal Fondo di Garanzia per le PMI a % dell’80%, 90% e 100%.

In moltissimi casi per l’impresa può essere fondamentale e in alcuni casi “vitale” rimodulare le linee di credito allungando la durata dei finanziamenti in essere per avere un minor impatto della rata sul cash flow e in generale sul fabbisogno aziendale consentendo alla stessa di onorare gli impegni con regolarità.

Quanto su indicato, tenuto conto che sulla base delle attuali disposizioni operative il prolungamento della durata della garanzia su operazioni finanziarie ammesse all’intervento del Fondo (non derivante dalla sospensione delle rate PdA) preclude al soggetto beneficiario impresa di accedere ai benefici della garanzia diretta per nuove operazioni fino alla regolare estinzione dell’operazione finanziaria per la quale è stato richiesto il prolungamento della durata della garanzia, evidenzia l’importanza di intervenire sul tema alla luce di questa “particolare” fase congiunturale .

 

La proposta immediata, semplice ed efficace al tempo stesso, potrebbe essere:

–        Per le posizioni già garantite dal Fondo di Garanzia per le PMI nel caso di rinegoziazioni e/o consolidamenti (con eventuale e facoltativa aggiunta di liquidità del 10% rispetto al debito residuo oggetto di rinegoziazione) assicurare una % di garanzia pari all’80% delle linee oggetto di rinegoziazione e/o consolidamento (come del resto previsto per le operazioni a fronte di investimento);

–        Ammissibilità per queste tipologie di operazioni anche per le imprese in Fascia 5 di valutazione;

–        Lo spread delle nuove posizioni deve essere pari o inferiore rispetto allo spread applicato alle posizioni oggetto di rinegoziazione e/o consolidamento;

–        Prevedere un regime speciale di aiuti di stato, solo per queste tipologie di operazioni di rinegoziazioni e/o consolidamenti, e quindi consentire accesso ai benefici anche alle imprese che alla data di presentazione della domanda sono in difficoltà ai sensi dell’art. 2, paragrafo 18, del Reg. CE 651/2014 e che non hanno “de minimis” capiente;

–        Consentire inoltre la variazione in aumento della durata successiva al perfezionamento dell’operazione finanziaria ovvero il c.d. “prolungamento della durata della garanzia”, non solo a seguito di sospensione delle rate piano di ammortamento, senza far rientrare questa tipologia di variazione nella casistica di “prolungamento per temporanea difficoltà” che di fatto impedisce all’impresa di accedere ai benefici della garanzia del fondo su nuove richieste fino alla regolare estinzione dell’operazione finanziaria per la quale è stato richiesto il prolungamento della durata della garanzia.

 

Tali interventi normativi possono a mio avviso un triplice beneficio:

–        consentire alle imprese di onorare i propri impegni attraverso una minore incidenza del carico della rata dovuta ad un allungamento del piano di ammortamento della posizione oggetto di rinegoziazione e consentire consolidamenti di posizioni non rateali c.d. “inchiodate”;

–        Migliorare il rapporto banca / impresa in quanto attraverso una rimodulazione della durata delle linee di credito si potrebbe ridurre il rischio di insoluti che potrebbero invece manifestarsi con maggior probabilità rispetto alla situazione “ante rimodulazione”;

–        Preservare le risorse pubbliche in quanto si potrebbero evitare molti “eventi di rischio” e di conseguenza minor richiesta di “attivazioni” di posizioni garantite.



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