LECCE – La decisione del Gruppo Porsche di rinunciare all’ampliamento del Nardò Technical Center ha spiazzato anche Confindustria che sin dal primo momento aveva accolto con entusiasmo la proposta di investimento per sviluppare la pista di collaudo che insiste tra i territori di Nardò e Porto Cesareo.
“Parliamo di un investimento da 450 milioni di euro – ha commentato il presidente dell’associazione di categoria, Valentino Nicolì – che avrebbe consentito di modernizzare e potenziare un’infrastruttura chiave, rendendola un punto di riferimento a livello globale per la sperimentazione e lo sviluppo delle nuove tecnologie della mobilità. Un’opportunità persa non solo per il settore automotive, ma per tutto l’indotto economico e occupazionale che ne sarebbe derivato”.
Il colosso del settore automobilistico ha confermato tutte le attività in corso nell’attuale configurazione del centro, garantendo che “le attività di testing continueranno a essere svolte nel sito, contribuendo allo sviluppo di tecnologie innovative per la mobilità”, ma il numero uno di Confindustria teme che ci possa essere un effetto domino.
“Non possiamo permetterci che altri investimenti di questa portata vadano persi – ha proseguito Nicolì – per conflitti risolvibili o per incertezze amministrative. Il nostro territorio ha già difficoltà nell’attrarre investimenti a causa di infrastrutture carenti e di una logistica poco competitiva. Lo ribadisco a nome di tutti gli imprenditori della provincia di Lecce: da parte di alcuni deve cessare il clima ostile all’impresa che serpeggia ormai da tempo: le imprese hanno un inestimabile valore sociale, portano ricchezza sul territorio in cui insistono, attraverso il lavoro e il sostentamento alle famiglie. Senza impresa non ci può essere né sviluppo, né crescita o servizi”.
Per clima ostile Nicolì intende l’opposizione che la proposta di Porsche ha incontrato da parte di comitati, associazioni e movimenti che hanno ritenuto il progetto di ampliamento troppo impattante sul tessuto della zona, un’area a verde considerata l’ultimo bosco antico del Salento (ne sarebbero stati sacrificati 200 ettari), una sorta di unicum naturalistico ritenuto non barattabile con iniziative di riforestazione.
“Se vogliamo un Salento capace di competere con le aree più avanzate d’Europa – così il presidente conclude il suo intervento – dobbiamo creare le condizioni affinché le imprese trovino qui un terreno fertile per crescere e innovare. Confindustria Lecce è pronta a fare la propria parte, impostando una politica industriale rispettosa delle normative e della sostenibilità ambientale, ma che garantisca un futuro prospero al territorio”.
Di segno totalmente contrario lo stato emotivo tra i Custodi del Bosco d’Arneo, il comitato che da subito si è attivato per fermare l’operazione: “Abbiamo vinto una battaglia che in pochi credevano fosse possibile vincere – recita un post pubblicato nella serata di ieri, diverse ore dopo che era diventata di pubblico dominio la rinuncia al progetto -. Ci siamo mobilitati ogni giorno, abbiamo messo in gioco il nostro spirito, i nostri corpi, i nostri sonni, la nostra anima per una lotta ad armi impari, una di quelle che è facile credere siano perse in partenza”.
Nella sua nota Porsche ha indicato nell’instabilità delle relazioni economiche e commerciali degli ultimi mesi (dall’avvento di Trump alla presidenza fino alla decisione di imporre dazi, passando comunque dalla fase difficile del settore automotive) una ragione “rilevante”, ma non ha taciuto le riflessioni fatte sulle “prospettive sociali, ambientali ed economiche”. Il piano di sviluppo, del resto, era finito all’attenzione anche delle sedi europee, tanto che la Regione Puglia esattamente un anno addietro aveva sospeso l’Accordo di Programma siglato.
E i Custodi rivendicano la portata della loro costante iniziativa: “Abbiamo scritto una pagina che resterà nella storia dell’attivismo salentino, una lotta in difesa di una terra, la nostra, che ha valicato i confini non solo della nostra regione, ma anche quelli internazionali. Una storia che, un giorno, potremo raccontare ai nostri figli e alle nostre figlie, ai nostri e alle nostre nipoti per ricordare loro che unendosi, lottando assieme è ancora possibile proteggere questo nostro unico e meraviglioso pianeta. Per raccontare loro che i popoli possono ancora sperare di determinare le loro sorti”.
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