Stop al Green deal Europeo, rivedere il Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Cbam) e introdurre il principio del “buy European”. Queste le richieste messe nero su bianco dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, durante il question time alla Camera del 9 aprile. Richieste che si devono considerare aggiuntive rispetto alla rimodulazione del Pnrr per 14 miliardi di euro, altri 11 provenienti dai Fondi di Coesione e i 7 miliardi presi dal Fondo sociale per il clima. «Misure che sono ancora da concordare con la Commissione Ue e le Regioni», ricorda Urso.
Stop al Green Deal e via al “buy European”
«Chiederemo all’Europa di inserire da subito nel nuovo pacchetto Omnibus, una moratoria regolatoria su direttive e regolamenti in fase di attuazione, come già ottenuto per la direttiva sulla deforestazione e nel contempo immediate misure di semplificazione e sburocratizzazione, sospendendo anche le norme che soffocano le imprese e le regole folli del Green deal, che hanno portato al collasso l’industria dell’auto europea, peraltro la più penalizzata dai Dazi americani», ha affermato il ministro Urso alla Camera.
Ma non solo perché l’Italia vuole chiedere anche di rivedere «Cbam per tutelare la siderurgia e la chimica e l’introduzione del principio del “buy european”». Inoltre, l’Italia vorrebbe anche che si creasse una quota degli appalti pubblici europei riservata all’industria che «producono nel nostro continente».
La linea italiana: 25 miliardi alle imprese
Urso durante la sua audizione ha ribadito i numeri elencati dalla premier Giorgia Meloni nelle giornata dell’8 aprile. E dunque: «Abbiamo deciso di realizzare una seconda revisione dei progetti del Pnrr dopo quella che abbiamo con successo realizzata alla fine del 2023. In quella occasione siamo riusciti a concordare con la Commissione la ricollocazione di circa 22 miliardi di cui la gran parte, quasi 14, sono stati destinati in più alle imprese». Altri 11 miliardi proveranno dai fondi di coesione e 7 dal Fondo Sociale Clima. «In tutto pensiamo di arrivare ad almeno 25 miliardi di riprogrammazione a favore delle imprese da concordare ovviamente con la Commissione e con le Regioni. In questo modo pensiamo dare una risposta strutturale e non occasionale alla sfida competitiva che il Made in Italy deve affrontare in questa nuova fase globale», conclude.
Boicottare merci americane è sbagliato. Sì puntare a paesi emergenti
Secondo Urso, si deve reagire alla politica di Trump con «la testa e non con la pancia». Proprio per questo il ministro dell’Imprese ritiene sbagliato iniziare atti «di boicottaggio delle merci americane, che a nostro avviso è la peggiore della reazione, perché giustificherebbe analoga risposta da parte degli Stati Uniti. Pensate se lo facessero anche loro. Se invitassero al boicottaggio del Made in Italy, quali sarebbero le conseguenze a quel punto sì gravissime sui nostri prodotti nel mercato americano?».
Un’ulteriore precisazione è stata fatta sul mercato a stelle e strisce: «Come ci hanno chiesto ieri tutte le assicurazioni di categoria intendiamo preservare il mercato americano e aprirne di nuovi». Questo in linea con quanto detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, quando il mese scorso ha presentato il pacchetto export e la sua implementazione. «Intendiamo rafforzare la nostra presenza nel mercato statunitense con una specifica campagna di valorizzazione della unicità del Made in Italy, insostituibile per chi ama il bello, il buono e il ben fatto». «Svilupperemo inoltre un’analoga campagna promozionale straordinaria nei Paesi emergenti, cogliendo le nuove opportunità», ha aggiunto Urso.
Urso: sollecitata la Commissione per finalizzare accordo Mercosur
Durante il question time Urso ha poi infine sottolineato come l’Italia ha sollecitato la «Commissione a finalizzare l’accordo Mercosur tutelando nel contempo la produzione agricola. Un accordo che aprirebbe un mercato importante dell’America latina. E anche di predisporre altre accordi di libero scambio con Messico, Consiglio di cooperazione del Golfo, India Malesia, Indonesia, Filippine e Australia».
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