Essere online non è più un’opzione ma una condizione essenziale per la competitività. Il percorso verso la maturità digitale passa per sei tappe, dalla totale assenza fino alla piena integrazione e trasformazione dell’impresa. Come possono evolversi le aziende italiane?
Viviamo in un’epoca in cui la digitalizzazione non rappresenta più una scelta alternativa o un canale accessorio, ma è diventato una componente strutturale e strategica dell’agire dell’impresa. Le tecnologie digitali, dall’e-commerce ai big data, dai sistemi di CRM all’intelligenza artificiale, sono ormai parte integrante dei processi aziendali, dalla produzione alla distribuzione, dal marketing alla relazione con il cliente. In questo contesto, essere presenti online non è più un’opzione, bensì una condizione imprescindibile per la sopravvivenza e la competitività.
Il percorso di digitalizzazione per le imprese
Tuttavia, il percorso di digitalizzazione non è uguale per tutte le imprese. Esistono forti asimmetrie, soprattutto in un contesto come quello italiano, dove il tessuto imprenditoriale è costituito in gran parte da micro e piccole imprese. Alcune realtà hanno abbracciato la trasformazione digitale in modo strutturato, investendo in piattaforme integrate e strategie omnicanale. Altre, invece, si muovono ancora con incertezza, sperimentando soluzioni di base o affidandosi a presenze digitali frammentate e poco coordinate.
Questa diversità di approccio è stata ampiamente analizzata dalla letteratura scientifica internazionale e ha portato alla definizione di modelli evolutivi dell’e-business. Secondo tali modelli, il processo di transizione verso una piena maturità digitale può essere descritto attraverso sei tappe fondamentali, che vanno dall’assenza di una qualsiasi presenza online alla completa trasformazione dell’impresa in un sistema integrato, dinamico e orientato alla rete.
Il grafico evidenzia l’andamento delle fasi evolutive verso la maturità digitale dell’impresa. Sull’asse orizzontale (ascisse) sono riportate le tappe del percorso — dalla totale assenza di presenza online fino all’integrazione esterna e trasformazione digitale completa. Sull’asse verticale (ordinate) è indicato il livello crescente di maturità digitale, inteso come grado di complessità tecnologica, integrazione dei processi e apertura verso l’ecosistema digitale esterno. La curva mostra una progressione graduale ma continua, sottolineando l’importanza di affrontare ogni fase come base per quella successiva.
Il presente articolo si propone di illustrare queste sei tappe in modo chiaro e operativo, attingendo ai contributi di studiosi come Dominici, Timmers, Osterwalder, Earl e McKay. L’obiettivo non è solo teorico: vogliamo offrire alle imprese italiane — in particolare alle PMI — uno strumento di riflessione strategica, utile per comprendere a che punto si trovano nel proprio percorso digitale e quali sono i passaggi necessari per evolversi e competere in un mercato sempre più globale, rapido e interconnesso.
1. Nessuna presenza online
La prima tappa nel percorso verso la maturità digitale è rappresentata dall’assenza totale di una presenza online. In questa fase, l’impresa non dispone né di un sito web né di profili social attivi, e non adotta strumenti digitali per gestire i processi interni o comunicare con clienti e fornitori. È una condizione che, oggi, appare sempre più anacronistica, ma che è ancora sorprendentemente diffusa, soprattutto tra le microimprese, le realtà artigianali e le aziende a conduzione familiare.
Le cause di questo “vuoto digitale” sono molteplici. In alcuni casi, si tratta di resistenze culturali, di una percezione dell’innovazione come un rischio anziché come un’opportunità. In altri, prevalgono ragioni legate alla mancanza di competenze specifiche, o alla scarsità di risorse economiche e umane da dedicare a progetti di trasformazione digitale. Talvolta, a frenare è la semplice mancanza di consapevolezza: molte imprese non vedono un vantaggio immediato nell’essere online, o sottovalutano l’impatto che un’identità digitale ben costruita può generare in termini di visibilità, fiducia e acquisizione di nuovi clienti.
Eppure, l’assenza dal mondo digitale oggi equivale quasi a non esistere agli occhi di una buona parte del mercato. I consumatori, ormai abituati a cercare informazioni in rete prima di ogni decisione d’acquisto, si aspettano di trovare online qualunque tipo di azienda — dalla multinazionale al panificio sotto casa. Non trovare traccia digitale di un’impresa può generare sfiducia, o peggio, orientare i potenziali clienti verso i concorrenti più presenti e accessibili.
È fondamentale comprendere che la digitalizzazione non è più un’opzione riservata alle grandi imprese o ai settori ad alta tecnologia. Anche una piccola realtà locale può trarre enormi benefici da una presenza online, magari cominciando da un sito semplice ma efficace, o da un profilo social gestito con autenticità. Inoltre, esistono oggi strumenti a basso costo — o addirittura gratuiti — che permettono di avviare questa transizione senza affrontare investimenti proibitivi.
Restare completamente fuori dal mondo digitale significa rinunciare a un canale essenziale di comunicazione, promozione e relazione, ma anche esporsi al rischio di marginalizzazione, soprattutto in un contesto economico sempre più interconnesso e competitivo. Per questo motivo, anche per le imprese che fino a oggi hanno operato con successo nel mercato “fisico”, diventa sempre più urgente aprire una finestra sul mondo online.
2. Presenza sperimentale
Per molte imprese, il primo contatto con il mondo digitale coincide con la creazione di un sito web. Questo passaggio rappresenta una sorta di “battesimo online”: un gesto simbolico che comunica la volontà di affacciarsi al mercato digitale, anche se in modo ancora timido e poco strutturato.
In questa fase, la presenza online è per lo più passiva. Il sito aziendale, quando esiste, si configura come una vetrina statica: contiene una breve presentazione dell’azienda, i recapiti, talvolta un elenco dei prodotti o servizi offerti. Non vi sono strumenti di interazione né possibilità di acquisto diretto. Le pagine sono spesso scarne, graficamente poco curate, raramente aggiornate. Internet viene ancora visto come un mezzo promozionale di supporto, e non come una leva strategica per generare valore o trasformare i processi aziendali.
Questo approccio riflette una visione tradizionale del marketing, in cui la comunicazione resta unidirezionale, dall’impresa verso il pubblico, senza reali opportunità di ascolto, coinvolgimento o conversione. Il sito diventa l’equivalente digitale di una brochure aziendale cartacea, trasferita sul web con l’illusione che ciò basti per essere “presenti online”.
Tuttavia, questa presenza minimale, pur essendo un primo passo, non è sufficiente per competere in un mercato digitale sempre più esigente. Un sito web che non offre valore aggiunto, che non consente al cliente di compiere azioni concrete — come contattare facilmente l’azienda, ricevere assistenza, o esplorare in profondità l’offerta — rischia di essere ignorato o dimenticato. Inoltre, l’assenza di aggiornamenti o la scarsa usabilità possono generare un’impressione negativa, danneggiando l’immagine dell’azienda più di quanto l’assenza totale.
È però importante riconoscere che questa fase ha una sua utilità: rappresenta un momento di esplorazione, in cui l’impresa comincia a familiarizzare con gli strumenti digitali, a testare contenuti, a comprendere le dinamiche della comunicazione online. Può essere l’occasione per iniziare a raccogliere primi dati sui visitatori del sito, per osservare il comportamento degli utenti, per accorgersi di quanto il web possa essere più di un semplice biglietto da visita.
Superare questa fase richiede un cambio di mentalità: il digitale non è solo immagine, è relazione, servizio, efficienza e, sempre più spesso, vendita. Le imprese che comprendono questa trasformazione iniziano a concepire la propria presenza online non come un’estensione della comunicazione tradizionale, ma come parte integrante del proprio modello di business.
3. Interazione con il cliente
Con l’evoluzione della presenza digitale, molte imprese compiono un salto di qualità fondamentale: la comunicazione online non è più unidirezionale, ma si trasforma in dialogo. È in questa fase che si passa dalla semplice esposizione di contenuti all’interazione effettiva con il pubblico. Le aziende iniziano a raccogliere informazioni, a rispondere ai bisogni degli utenti in tempo reale, e a costruire relazioni più strette e continuative con i propri clienti.
Uno degli elementi distintivi di questo stadio è l’introduzione di strumenti digitali interattivi: moduli di contatto, form per richieste personalizzate, sondaggi, iscrizioni a newsletter, live chat. Questi canali, apparentemente semplici, rappresentano fonti preziose di dati che permettono all’azienda di comprendere meglio chi sono i suoi utenti, da dove arrivano, cosa cercano e quali sono le loro aspettative.
Parallelamente, si diffondono strumenti più strutturati, come i sistemi di e-mail marketing — utili per mantenere viva la relazione con il cliente attraverso comunicazioni periodiche, offerte mirate e contenuti personalizzati — e le prime soluzioni di CRM (Customer Relationship Management). Questi sistemi consentono di archiviare e analizzare le informazioni raccolte, segmentare il pubblico e ottimizzare l’efficacia delle azioni commerciali e di marketing.
Non si tratta solo di tecnologia, ma di un vero e proprio cambiamento culturale: l’azienda inizia a comprendere che il valore non risiede più solo nel prodotto, ma anche (e forse soprattutto) nella qualità della relazione con il cliente. Raccogliere feedback, monitorare i comportamenti di navigazione, analizzare le preferenze di acquisto permette di costruire un’offerta più aderente alle esigenze del mercato, personalizzando l’esperienza d’acquisto in modo crescente.
È in questa fase che emergono i primi elementi di fidelizzazione digitale. Il cliente non è più un interlocutore indistinto, ma un individuo con caratteristiche specifiche, aspettative personali e un potenziale valore nel tempo. Le imprese che riescono a interpretare correttamente questa transizione pongono le basi per un modello relazionale evoluto, orientato non solo alla vendita, ma alla costruzione di fiducia e coinvolgimento attivo.
Questa tappa rappresenta una soglia critica. È qui che l’impresa deve decidere se limitarsi a “stare online” o iniziare a costruire una reale strategia digitale basata sull’ascolto, sull’empatia e sulla capacità di trasformare i dati in relazioni significative. Ed è proprio questa capacità a fare la differenza in un mercato in cui l’offerta è sempre più ampia, ma il tempo e l’attenzione del cliente sono risorse sempre più scarse.
4. E-commerce
Raggiunta una sufficiente maturità nella gestione dei canali digitali e nella relazione con il cliente, molte imprese compiono un passaggio cruciale: trasformano il sito web da semplice vetrina promozionale a vero e proprio canale di vendita. È l’ingresso nel mondo dell’e-commerce, dove il digitale diventa strumento operativo e commerciale a tutti gli effetti.
In questa fase, l’impresa implementa piattaforme digitali per la vendita diretta dei propri prodotti o servizi. Vengono introdotti sistemi di pagamento online sicuri, moduli di checkout personalizzati, integrazioni con software per la gestione degli ordini, il magazzino e la spedizione. L’intera infrastruttura IT deve essere ripensata per supportare le operazioni in tempo reale, assicurare tracciabilità e offrire un’esperienza utente fluida.
Questa trasformazione non è puramente tecnologica, ma comporta un cambiamento strutturale nel modello di business. Il sito aziendale assume un ruolo strategico: non solo informa e comunica, ma vende, genera fatturato, permette di raccogliere dati transazionali e costruire modelli predittivi sui comportamenti d’acquisto. Le dinamiche di prezzo, la gestione delle scorte, le politiche di reso e i servizi di customer care devono essere ripensati in funzione di un utente che acquista da remoto e si aspetta risposte rapide, trasparenza e affidabilità.
In Italia, il boom dell’e-commerce ha conosciuto un’accelerazione senza precedenti con la pandemia, che ha reso evidente anche alle PMI più restie quanto essere attrezzati per vendere online sia una questione di resilienza, oltre che di competitività. Settori come il food, l’artigianato e il design — storicamente legati alla fisicità del prodotto — hanno trovato nell’e-commerce nuove vie per internazionalizzarsi, accorciare la filiera e fidelizzare il cliente finale.
Naturalmente, l’ingresso nel commercio elettronico non è privo di sfide. Le imprese devono confrontarsi con una concorrenza globale, con aspettative elevate da parte dei consumatori e con il rischio di disintermediazione. Inoltre, i margini devono fare i conti con costi di logistica, marketing digitale e gestione post-vendita. Ma proprio per questo, l’e-commerce non può essere improvvisato: richiede visione strategica, pianificazione accurata e un modello organizzativo adatto a sostenere la crescita.
Per molte imprese, l’e-commerce rappresenta la prima occasione concreta per misurare l’impatto economico della trasformazione digitale. A differenza delle prime fasi, in cui la presenza online era prevalentemente comunicativa o relazionale, qui si entra nel cuore del business. È il momento in cui il digitale smette di essere “supporto” e diventa motore del valore.
5. Integrazione interna
Superata la fase iniziale di vendita online, molte imprese si trovano ad affrontare una nuova esigenza: rendere coerenti e sinergici i processi digitali con quelli interni all’organizzazione. È qui che prende forma la cosiddetta integrazione interna, una fase delicata e strategica in cui il successo dell’e-commerce dipende dalla capacità dell’impresa di riorganizzare le proprie strutture operative e informative.
In questa fase, l’azienda collega la piattaforma di e-commerce ai propri sistemi gestionali: software ERP (Enterprise Resource Planning) per il controllo integrato delle risorse aziendali, sistemi di gestione del magazzino, piattaforme CRM di nuova generazione per la relazione con il cliente. L’obiettivo è duplice: ottimizzare i processi interni — dall’ordine all’evasione, fino al servizio post-vendita — e costruire una visione unificata e centralizzata del cliente.
Grazie a questa integrazione, le informazioni non sono più distribuite in silos ma circolano in modo fluido tra i diversi reparti: commerciale, marketing, logistica, amministrazione. Il reparto vendite può sapere in tempo reale la disponibilità del prodotto; il customer service può visualizzare lo storico degli ordini e personalizzare l’assistenza; il marketing può lanciare campagne basate su dati concreti, aggiornati e interconnessi. Tutto questo si traduce in maggiore efficienza operativa, riduzione degli errori e miglioramento dell’esperienza utente.
Un elemento chiave che emerge in questa fase è il concetto di omnicanalità. L’impresa comincia a pensare in modo integrato, cercando di offrire al cliente un’esperienza coerente e fluida su tutti i canali: online e offline, desktop e mobile, e-commerce e punto vendita fisico. Questo richiede non solo strumenti tecnologici, ma anche una profonda revisione dei processi aziendali e della cultura organizzativa.
In un mondo in cui il cliente si aspetta di acquistare online e ritirare in negozio, oppure di ricevere assistenza via chat e concludere un ordine telefonicamente, la coerenza tra i canali diventa un fattore competitivo decisivo. Le aziende che riescono a garantire un’esperienza uniforme, senza frizioni tra mondi digitali e fisici, aumentano la soddisfazione e la fidelizzazione del cliente.
L’integrazione interna rappresenta dunque il cuore operativo della trasformazione digitale. È il momento in cui il digitale smette di essere un’iniziativa “a compartimenti stagni” e diventa sistema, processo, modello organizzativo. È anche una fase che impone nuove competenze, sia tecniche che manageriali, e una governance attenta nel coordinare le diverse tecnologie e funzioni coinvolte.
6. Integrazione esterna e trasformazione
Nel sesto e ultimo stadio del percorso di maturazione digitale, l’impresa raggiunge un livello di evoluzione profonda e sistemica. Non solo ha consolidato la propria presenza online, integrato i processi interni e digitalizzato l’interazione con il cliente, ma ha anche ridefinito radicalmente il proprio modello organizzativo e il ruolo che intende giocare nell’ecosistema economico.
Parliamo di integrazione esterna: l’azienda comincia a operare in rete non più solo in senso figurato, ma come nodo attivo e connesso in una rete di relazioni digitali, fatta di fornitori, clienti, partner strategici, stakeholder istituzionali e comunità di utenti. La collaborazione non è più episodica ma strutturale, supportata da strumenti tecnologici avanzati come Extranet, API, sistemi EDI (Electronic Data Interchange) e piattaforme di condivisione dati in tempo reale.
Questa configurazione consente uno scambio continuo e automatizzato di informazioni, decisioni e flussi operativi, aprendo la strada a forme di co-gestione delle attività e di co-creazione del valore. I confini tra impresa e ambiente esterno si fanno sempre più porosi, in un modello che somiglia più a un ecosistema che a un’organizzazione tradizionale. È il paradigma della “impresa piattaforma”, in cui l’azienda non si limita a vendere prodotti o servizi, ma abilita connessioni e genera opportunità per altri attori dell’ecosistema.
Questo approccio, che si sta affermando con forza nei settori più dinamici (tecnologia, moda, turismo, logistica), porta con sé un cambiamento profondo nella cultura aziendale. La leadership deve essere distribuita, le competenze digitali diffusive, l’innovazione continua. La gestione del dato — e in particolare dei dati condivisi tra imprese — diventa una leva fondamentale per la competitività, ma richiede trasparenza, fiducia e sicurezza nelle relazioni inter-organizzative.
Dal punto di vista strategico, siamo nel pieno della trasformazione digitale dell’impresa, in cui ogni processo, ogni funzione e ogni relazione è pensata in chiave digitale e collaborativa. Le aziende che arrivano a questo stadio non si limitano più ad adattarsi al cambiamento: diventano esse stesse agenti del cambiamento, capaci di innovare modelli di business, anticipare i trend di mercato e attrarre nuovi segmenti di clientela attraverso la creazione di esperienze integrate e dinamiche.
Non si tratta solo di un punto di arrivo, ma di una nuova mentalità. L’impresa digitale matura non ragiona più in termini di prodotto o servizio, ma di piattaforma di valore, dove ogni interazione, ogni dato, ogni partner contribuisce a costruire un’offerta ricca, personalizzata e adattiva. È in questo scenario che il digitale smette di essere un canale o uno strumento, e si afferma come l’ambiente naturale in cui l’impresa vive, cresce e compete.
Conclusioni
Il percorso verso la piena maturità digitale non è lineare né uguale per tutte le imprese. Come abbiamo visto, ogni fase rappresenta una sfida ma anche un’opportunità, e l’obiettivo non è semplicemente “essere online”, bensì diventare imprese digitali a tutti gli effetti, capaci di competere in un mercato globale, interconnesso e in continua evoluzione.
Dalla completa assenza alla trasformazione sistemica, ogni tappa implica cambiamenti tecnologici, culturali e organizzativi. E sebbene la velocità di percorrenza possa variare — in base alla dimensione, al settore, alle risorse disponibili — ciò che conta è avere una direzione chiara e consapevole. Non esiste più un confine netto tra “offline” e “online”: oggi è l’integrazione, la fluidità, la capacità di orchestrare esperienze e relazioni attraverso diversi canali a fare la differenza.
Per le imprese italiane, in particolare per le PMI che costituiscono l’ossatura del nostro sistema economico, la digitalizzazione è un terreno di competizione ma anche di emancipazione. È lo strumento che può abbattere barriere geografiche, ridurre i costi di intermediazione, creare nuovi mercati e valorizzare eccellenze locali su scala globale.
Non basta però adottare tecnologie: serve una visione strategica, un approccio data-driven, competenze trasversali e una leadership capace di gestire il cambiamento. Chi saprà affrontare questo processo con apertura, metodo e coraggio, potrà non solo sopravvivere nel nuovo scenario, ma trasformarsi in un protagonista attivo della nuova economia digitale.
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Bibliografia
- Dominici, G. (2009). Modelli di e-business: ontologia e tassonomica della ricerca. Università di Palermo.
- Osterwalder, A., & Pigneur, Y. (2002). An e-business model ontology for modeling e-business. Proceedings of the 15th Bled Electronic Commerce Conference, Bled, Slovenia.
- Timmers, P. (1998). Business models for electronic markets. Electronic Markets, 8(2), 3–8.
- Earl, M. (2000). Evolving the e-business. Business Strategy Review, 11(2), 33–38.
- McKay, J., Marshall, P., & Prananto, A. (2000). Stages of maturity for e-business: The SOG-e model. Proceedings of the 4th Pacific Asia Conference on Information Systems (PACIS), Hong Kong.
Fabrizio Gritta
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