Si chiama sovrapposizione tecnologica, ed è quanto sta succedendo nel mondo dell’innovazione, in particolare nella robotica. Grandi sistemi di «Linguaggio naturale» (Nlp) sempre più potenti, sensori ottici di incredibile capacità, batterie di ultima generazione, micro-elettromeccanica ancor più sofisticata, microchip superperformanti, algoritmi di auto-apprendimento maggiormente potenziati e altre diavolerie tecnologiche stanno dando vita alla «rivoluzione robotica», la prossima rivoluzione industriale che, così come oggi, non possiamo fare a meno dello smartphone – che nel 1990 non esisteva – domani o al massimo dopodomani non potremo più vivere senza l’ausilio dei robot umanoidi cognitivi.
Non è un caso che le industrie automobilistiche (le prime a utilizzare forme di automazione nelle loro industrie e ad attraversare la sovrapposizione tecnologica soprattutto per risolvere le difficili tematiche dei sistemi driver-less), stanno collaborando con altre aziende high-tech per costruire robot umanoidi che potranno svolgere compiti sempre più vicini ai bisogni delle persone (domestici, infermieri, poliziotti di quartiere, badanti, ecc.).
BMW, Mercedes-Benz, Tesla, Toyota, Hyundai, Honda o le cinesi Xiaomi, BYD e Xiaopeng Motors, solo per citarne alcune, hanno investito comprando o facendo partnership con aziende di robotica.
Le tecnologie avanzate per la percezione e l’interazione ambientale (sistemi Lidar e di visione di profondità 3D), la sensoristica e gli algoritmi per guidare i movimenti delle auto senza autista, vengono ora riutilizzate per il funzionamento dei robot.
Il robot Iron di Xiaopeng utilizza gli stessi algoritmi di pianificazione del percorso e di riconoscimento degli oggetti dei suoi veicoli elettrici, consentendo una navigazione precisa negli ambienti di una fabbrica. Così come la tecnologia delle batterie di alimentazione e sistemi di ricarica. Ma il salto in avanti lo hanno fatto i produttori di microchip, e i creatori di Intelligenza Artificiale.
Come Gemini Robotics (Google), che fonde la potenza dei grandi modelli linguistici con il ragionamento spaziale, o come Figure, startup americana specializzata nello sviluppo di robot umanoidi fondata solo tre anni fa e valutata, al momento, 2,6 miliardi di dollari con finanziatori del calibro di Jeff Bezos, Microsoft, Nvidia e OpenAI, che ha presentato Helix, un modello generalista di Visione-Linguaggio-Azione (Vla) che permette ai robot di unificare ciò che sentono, vedono e fanno.
O come la stessa Nvidia, il colosso dei microchip che ha recentemente presentato GR00T N1, un «modello di fondazione mondiale» in grado di facilitare l’apprendimento automatico dei robot umanoidi che ha imparato da venti milioni di ore di video, come guardare YouTube senza sosta «da quando Roma era in guerra con Cartagine». La stessa Nvidia, lo scorso ottobre, ha dichiarato che la prossima ondata di intelligenza artificiale sarà l’IA fisica, una svolta destinata a ridefinire il modo in cui i robot imparano.
Due tendenze stanno convergendo da direzioni opposte: le aziende di robotica stanno sempre più sfruttando l’IA e i giganti dell’IA stanno ora costruendo robot.
OpenAI, dopo aver chiuso il settore di robotica nel 2021, si è rimessa in moto da qualche mese portando importanti manager al suo interno, come Caitlin Kalinowski (ex Meta e Apple), che lo scorso gennaio è entrata a far parte di OpenAI per guidare lo sviluppo di robot umanoidi. «Nel mio nuovo ruolo, inizialmente mi concentrerò sul lavoro di robotica e sulle partnership di OpenAI per aiutare a portare l’IA nel mondo fisico e sbloccarne i benefici per l’umanità», ha scritto Kalinowski in un suo post.
L’addestramento dei robot umanoidi è il punto su cui si concentra l’attenzione di tante industrie mondiali e questo spiega la presenza e gli investimenti delle grandi aziende di AI. Addestramento che, grazie ai grandi sistemi di apprendimento (Very Large-scale AI) e ad algoritmi sofisticati per l’apprendimento auto-supervisionato (SSL), sta imprimendo all’industria robotica un decisivo balzo in avanti.
Secondo l’International Federation of Robotics (Ifr), che ogni anno si occupa di realizzare un World Robotics Report, nel prossimo futuro la domanda di robot sarà spinta da diversi fattori, un potente mix composto da innovazioni tecnologiche, da una serie di dinamiche di mercato e dall’ampliamento dei campi di applicazione.
Morgan Stanley, nel suo rapporto “Humanoids: Investment Implications of Embodied AI” dello scorso giugno, stima che il numero di robot umanoidi statunitensi potrebbe raggiungere i sessantatré milioni di unità entro il 2050.
La Cina non sta a guardare. Secondo le statistiche dell’Industrial Research Institute di Shenzhen, a giugno 2024 c’erano circa 160 produttori di robot umanoidi in tutto il mondo, di cui più di sessanta in Cina, più di trenta negli Stati Uniti e circa 40 in Europa.
Secondo Morgan Stanley, sostanziosi sussidi governativi e il controllo del sessantatré per cento delle aziende chiave nella catena di approvvigionamento globale per i componenti umanoidi-robot – in particolare nelle parti dell’attuatore e nella lavorazione delle terre rare – consente ai produttori cinesi di produrre robot umanoidi a prezzi inferiori rispetto ai concorrenti internazionali (la variante dazi vedremo cosa porterà). Pechino sta sponsorizzando il settore, al punto di organizzare la prima (mezza) maratona per robot umanoidi (venti iscritti al momento) che si terrà da qui a poco, il 13 aprile.
Ma anche nel vecchio continente si moltiplicano gli sforzi, e non solo quelli delle case automobilistiche. Neura Robotics, azienda tedesca specializzata in robotica umanoide e cognitiva, che in collaborazione con Nvidia ha realizzato il suo robot umanoide NEURA-4NE-1, è dotato di tecnologia cognitiva proprietaria che gli consente di «comprendere» il comportamento umano e interagire con le persone. O come ROBEE, il primo – e finora unico – robot umanoide cognitivo certificato italiano, progettato per uso industriale, in particolare in compiti pericolosi, rendendolo un prodotto di riferimento per l’Industria 5.0.
Secondo i professori Angelo Cangelosi (docente di Machine Learning e Robotica all’Università di Manchester e co-direttore del Manchester Centre for Robotics and AI) e Minoru Asada (professore di Adaptive Machine Systems all’Università di Osaka) e autori del libro “Cognitive Robotics” (maggio 2022), questo campo combina intuizioni e metodi dell’intelligenza artificiale (AI), della scienza cognitiva e della biologia con la robotica.
È un nuovo approccio alla costruzione di robot intelligenti, traendo ispirazione da come i sistemi cognitivi naturali – degli esseri umani, degli animali e nei sistemi biologici – sviluppano l’intelligenza. L’approccio sfrutta le intricate interazioni tra corpo, cervello, ambiente fisico e ambiente sociale. Obiettivo della robotica cognitiva è creare robot in grado di percepire, ragionare e agire in modi che imiti da vicino l’intelligenza umana e animale.
Sovrapposizione e interazione di diversi ambiti di competenza e tecnologie avanzate che, unite e sapientemente combinate, generano ulteriori e assai veloci passi in avanti nell’innovazione tecnologica. Werner Heisenberg, premio Nobel per la Fisica nel 1932 per la creazione della meccanica quantistica, aveva ragione: «La scienza è radicata nella conversazione». E non solo la scienza, aggiungerei.
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