Viviamo un momento estremamente delicato. Conflitti globali, guerre di dazi, politiche internazionali imprevedibili, mercati irrequieti. Ogni settore, compreso quello della data economy e dell’intelligenza artificiale, non è immune da un simile contesto. Definire le migliori strategie e adottare le migliori scelte, in equilibrio tra protezione dei diritti fondamentali e sostegno al mercato, diventa di conseguenza sempre più difficile, ma proprio per questo sempre più importante.
L’Unione europea ha già tracciato la propria via nel settore dell’intelligenza artificiale, che ora però si arricchisce di un nuovo fondamentale tassello: l’AI Continent Action Plan.
Questa ennesima importante forma di sostegno al mercato, in una chiave di leadership internazionale, non deve però far perdere di vista la dimensione dei diritti, specialmente quando si inizia a parlare di deregolamentazione.
L’AI Continent Action Plan e il rischio di smantellare le regole IA adesso
Facendo seguito all’annuncio anticipato dalla Presidente Ursula von der Leyen in occasione del recente vertice di Parigi, con questo piano d’azione l’Unione europea intende compiere un passo decisivo per non restare indietro nella corsa alla leadership globale nel settore dell’intelligenza artificiale. L’Europa punta, infatti, a conquistare sovranità ed autonomia tecnologica a livello globale, cercando di invertire l’orientamento di una bussola che ad oggi punta molto di più verso gli Stati Uniti e la Cina.
Ciò avverrà partendo dalle risorse e dalle eccellenze già esistenti nell’ampia e vitale comunità europea – sia in termini industriali che umani –, che con questo piano di interventi verranno sostenute, rafforzate e incrementate nel loro valore assoluto e in chiave di competitività internazionale, per diventare potenti motori di innovazione e accelerazione nel settore dell’intelligenza artificiale.
I cinque pilastri del piano europeo
L’AI Continent Action Plan intende raggiungere l’obiettivo di promuovere le capacità di innovazione dell’Unione europea nel campo dell’IA attraverso una serie di decise azioni e politiche incentrate su cinque pilastri fondamentali.
Infrastruttura di calcolo e dati su larga scala
Si interverrà innanzitutto per creare un’infrastruttura di calcolo e dati su larga scala, un’azione che prevede il potenziamento delle AI Factory e la creazione di AI Gigafactory, oltre all’adozione di un Cloud and AI Development Act per rafforzare la capacità dei data center europei. Verrà quindi incrementato l’accesso a grandi volumi di dati di alta qualità, ciò in particolare mediante l’istituzione di Data Labs all’interno delle AI Factories e il lancio di una Data Union Strategy per creare un vero e proprio mercato interno dei dati.
Sviluppo di algoritmi e rafforzamento delle competenze
Il terzo pilastro si concentra invece sullo sviluppo di algoritmi e sulla promozione dell’adozione dell’IA in settori strategici dell’Unione europea, che avverrà tramite l’introduzione della strategia Apply AI. Verranno quindi rafforzate le competenze e i talenti nel settore dell’intelligenza artificiale attraverso il sostegno a una serie di iniziative e programmi.
Semplificazione normativa
L’ultimo pilastro riguarda la semplificazione normativa, ambito nel quale si prevede anche l’istituzione di un AI Act Service Desk per assistere le imprese nel perseguire la conformità alla nuova normativa europea in materia di IA, operando quale punto di contatto e polo centrale per reperire informazioni e orientamenti a riguardo.
Perché indebolire le regole IA in Europa è rischioso
L’AI Continent Action Plan annunciato dalla Commissione europea rappresenta senza alcun dubbio un passaggio fondamentale e indispensabile in un’ottica di mercato e di competitività sul piano internazionale. L’Unione europea, con il proprio tessuto di eccellenze di impresa e di talenti umani, dispone di tutti gli strumenti per assumere una leadership globale nel settore dell’IA, e questi interventi sono l’ingrediente essenziale e imprescindibile per raggiungere l’obiettivo.
Al contempo, non si deve pensare che per assumere una leadership tecnologia e di mercato l’unica via perseguibile sia quella della deregolamentazione. Le prime preoccupanti avvisaglie di questa pericolosa tendenza si sono già registrate, in particolare con la decisione dell’Unione europea di ritirare la AI Liability Directive e la ePrivacy regulation. A queste se n’è poi e più di recente aggiunta un’altra, se possibile ancora più grave, vale a dire la possibile revisione del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (il GDPR) per favorire la competitività delle piccole e medie imprese, similmente a quanto già proposto dalla Commissione europea in materia di rendicontazione di sostenibilità e due diligence aziendale, tra gli ambiti interessati dai primi due pacchetti omnibus.
Diritti fondamentali minacciati dalla deregolamentazione IA
Revisionare il GDPR, come ogni altra legge, non è sbagliato di per sé: ogni legge richiede momenti di revisione, manutenzione e miglioramento: ma rivedere regole importanti come il pacchetto digitale approvato negli ultimi dieci anni in Europa, lodato, imitato e adottato in oltre 130 Paesi nel mondo e che hanno generato grandi economie di scala, permettendo in Europa lo sviluppo di una economia dei dati bilanciata e non selvaggia – come avvenuto invece in altri importanti parti del mondo – e ciò, peraltro, solo in ragione di un equivocato assioma che vede nelle regole la zavorra dei mercati, sarebbe un gravissimo errore. Ciò per diverse ragioni.
Il rischio è innanzitutto quello di piegare e sacrificare la dimensione dei diritti e dei valori fondamentali solo alle logiche del mercato, tradendo così la tradizione costituzionale sui cui è stata eretta fin dal primo trattato l’attuale Unione europea. La negoziazione dei diritti e delle libertà fondamentali non appartiene al nostro sistema giuridico, che tuttavia ne ammette il bilanciamento continuo, proporzionato e ragionato e aprire le porta a una sua normalizzazione avrebbe gravi ripercussioni a ogni livello della società, anche sul piano economico.
Occorre poi ricordare – come ci insegnano molte esperienze dal passato – che la deregolamentazione, perseguita per invocate logiche di semplificazione, finisce spesso per determinare il risultato esattamente opposto, minando la certezza del diritto e la prevedibilità delle decisioni, che costituiscono precondizioni irrinunciabili per una crescita economica stabile e duratura.
E poi c’è il valore competitivo della regolamentazione. Ci si dimentica infatti spesso il fondamentale contributo che le regole sono in grado di apportare allo sviluppo delle economie, anche e soprattutto tecnologiche. L’introduzione di nuove norme, spesso criticate nei primi giorni di vigenza da alcuni degli operatori di settore interessati, si rivelano poi essere sempre un fattore decisivo per la nascita di nuovi prodotti, servizi e mercati. La dimensione di tutela dei diritti, in altre parole, è essa stessa un catalizzatore di innovazione.
Ciò è esattamente quanto avvenuto con il GDPR. A quelle voci che tra il 2016 e il 2018 gridavano all’attentato ai mercati e all’economia tecnologica europea si sono ben presto sostituiti i risultati che ogni business accorto e lungimirante ha potuto ricavare da politiche di circolazione, protezione e valorizzazione dei dati personali, rese possibili e incentivate proprio da quel complesso di regole che oggi è un tassello basilare anche in un’ottica di sostegno e abilitazione dello sviluppo del settore dell’IA.
Alternativa alla deregolamentazione IA: efficientamento normativo
In definitiva, bene investire sul piano tecnologico e in chiave di competitività, ma non a scapito della regolamentazione. Ciò non significa mettere al bando ogni tentativo di efficientamento delle regole – lo stesso GDPR è già in fase di revisione sul piano delle regole procedurali –, ma piuttosto evitare a ogni costo di rinunciare alla dimensione dei diritti e ai già guadagnati ed evidenti vantaggi competitivi che le regole sulla data economy e sull’IA sono in grado di apportare alle imprese europee.
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