Una fabbrica di turbine eoliche sorgerà tra Brindisi e Taranto. Urso: più lavoro per il territorio


BRINDISI – Taranto ospiterà la fabbrica di turbine eoliche da 1.300 occupati che verrà realizzata dalla cinese MingYang e Renexia. A confermarlo è stato ieri il ministro per le Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, a Brindisi per celebrare la nave Amerigo Vespucci. L’investimento verrà effettuato a valle del Memorandum of Understanding siglato nel 2024 tra il Mimit e le due aziende.

«Si tratta di un accordo tra una primaria azienda italiana e una primaria azienda cinese nella tecnologia dell’eolico offshore. Noi abbiamo seguito e favorito questa intesa – ha dichiarato il ministro – affinché la fabbrica si possa insediare proprio in questo asse pugliese tra Brindisi e Taranto e contribuire, insieme ad altri investimenti, alla rinascita industriale e occupazionale del territorio. A cominciare dal polo di Taranto, su cui sin dall’inizio della legislatura abbiamo posto la nostra attenzione, riprendendo in mano lo scorso anno la siderurgia italiana attraverso i commissari straordinari. Per capire perché l’abbiamo fatto, basta guardare a quanto sta accadendo in Gran Bretagna, dove poche ore fa si è riunito d’urgenza il Parlamento per approvare un disegno di legge che consente al Governo di prendere nelle mani pubbliche il loro stabilimento siderurgico (British Steel, ndr), ritenendo che i titolari dell’impianto avessero l’obiettivo di spegnerlo. Ebbene, noi l’abbiamo capito un anno prima». Rispetto all’investimento di Renexia e MingYang, per Brindisi si profila invece un ruolo nella realizzazione dei cavi elettrici a servizio delle turbine eoliche.

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Novità importanti potrebbero giungere anche sul fronte della centrale a carbone Enel di Brindisi. Esigenze di sicurezza nazionale starebbero inducendo il ministero della Difesa a spingere per uno slittamento del phase-out dal carbone dal 2025 al 2030. Un’ipotesi che trova il pieno appoggio del parlamentare di FI, Mauro D’Attis: «Mantenere accesa la centrale di Brindisi fino al 2030 – spiega il deputato azzurro – consentirebbe di preservare un indotto composto da imprese qualificate. Significherebbe avere il tempo per trasformare quell’insediamento produttivo in altro. Tra l’altro l’impatto ambientale sarebbe ridotto al minimo, perché si parla di sicurezza energetica, cioè di avere disponibile un serbatoio di riserva in caso di necessità, come è avvenuto nel 2022». Massima disponibilità a mantenere in marcia le centrali a carbone oltre il 2025 giunge dalla stessa Enel. Durante il convegno organizzato dalla Lega sul nucleare, l’amministratore delegato Flavio Cattaneo, interrogato sulla possibilità di posticipare la chiusura delle quattro centrali a carbone italiane, ha sottolineato che si tratta di «impianti perfettamente funzionanti, che sono stati utili durante la crisi del gas dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Alla luce delle attuali circostanze, potrebbe essere opportuno valutare la sicurezza energetica a livello di sistema, considerando che queste centrali potrebbero ancora servire come backup in caso di necessità. Tuttavia, la decisione finale spetta al Governo». Tesi condivise anche dal numero uno di Eni, Claudio Descalzi: «Sarebbe una follia chiudere le centrali a carbone in una situazione di alti costi o di scarsa disponibilità di energia; è un fatto politico ma anche di buon senso».

Sul fronte della transizione economica del territorio dettata dal processo di decarbonizzazione, il ministro Urso ha assicurato che il Governo supporterà le manifestazioni d’interesse a investire a Brindisi: «Sono giunte 46 proposte: sosterremmo quelle più lungimiranti, sostenibili, innovative e con un dettagliato piano industriale».

Il ministro nella giornata di ieri ha anche partecipato a un incontro in Prefettura con i sindacati sul futuro del petrolchimico. «Non c’è stata una sola impresa o associazione di categoria che mi abbia posto un rilievo sul tema dell’indotto», ha tagliato corto Urso. Ma dalla Cgil si ribadisce la contrarietà al protocollo d’intesa siglato da Eni Versalis, Mimit e gli altri sindacati. «Chiediamo un accordo di programma sul petrolchimico – dice il segretario della Camera del Lavoro di Brindisi, Massimo Di Cesare, a margine dell’incontro in Prefettura – così da accogliere investimenti stranieri per rilanciare il sito. C’è inoltre la necessità di fare un accordo quadro per garantire tutti i livelli occupazionali». Il ministro ha già convocato i sindacati a Roma per il 2 maggio per tornare a parlare dell’indotto del petrolchimico.



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