La sfida digitale secondo Marco Cuchel (ANC): cogliere le opportunità dell’IA mantenendo al centro il valore umano


Marco Cuchel, Presidente dell’Associazione Nazionale Commercialisti (ANC), sarà ospite il 14 maggio all’evento Scenario delle Professioni di Cernobbio. L’ANC si dedica alla tutela e alla promozione della professione, svolgendo un ruolo di interlocutore con le istituzioni, offrendo formazione e supporto ai professionisti, e contribuendo al dibattito sui temi strategici del settore. Sotto la guida del Presidente Cuchel, l’associazione si è distinta per l’attenzione verso l’evoluzione normativa, la transizione digitale e le sfide che attendono gli Studi professionali, mantenendo sempre al centro il valore umano e sociale del lavoro del commercialista.

 

Presidente Cuchel, l’evento Scenario delle Professioni si propone di tracciare l’evoluzione futura della professione. Quali sono, secondo lei, le sfide più urgenti che i commercialisti si troveranno ad affrontare nei prossimi anni, per rimanere sempre più partner strategici delle imprese?

In un mondo in cui i cambiamenti sono repentini e gli scenari economico-politici internazionali sono soggetti ad evoluzioni improvvise e spesso poco prevedibili, le imprese si trovano a dover affrontare sfide complicate, che richiedono velocità nel prendere le decisioni e nell’applicare nuovi criteri di gestione, produzione e distribuzione. Inoltre, l’evoluzione e la mutevolezza del sistema economico si rispecchia anche nelle decisioni della politica in merito all’imposizione fiscale. La sfida che noi commercialisti ci troviamo ad affrontare è quella di saper accompagnare avvedutamente e con una certa predizione le imprese che vogliono crescere, attraverso la conoscenza di nuovi mercati, ma anche nel saper utilizzare al meglio tutti gli strumenti che rendono possibile la stabilità dell’azienda e, possibilmente, la sua espansione.

 

Uno dei temi centrali dell’evento sarà l’innovazione tecnologica. La digitalizzazione e l’intelligenza artificiale stanno ridefinendo i modelli di lavoro degli studi professionali. Come l’ANC sta supportando i commercialisti in questo processo di transizione tecnologica?

Sin dall’inizio, ANC ha seguito attentamente i processi di informatizzazione e digitalizzazione in Italia messi in atto dall’amministrazione finanziaria, e ha cercato di accompagnare i colleghi in un percorso di competenza e consapevolezza di cui ha beneficiato l’intero Paese e la sua economia. Una tappa fondamentale è stata quella dell’introduzione della fatturazione elettronica, una vera e propria rivoluzione, sicuramente positiva, ma forse anche un po’ troppo “calata dall’alto”, che a suo tempo lasciò tutti nell’incertezza operativa, con molti nodi normativi e tecnici da sciogliere. Un processo indispensabile, ma non debitamente “governato” dalla nostra Categoria che, in un certo senso, l’ha subito. Nei primi anni di applicazione della FE, l’Associazione si è fatta carico, prima di chiunque, attraverso una fitta attività informativa, di formare i colleghi ed ha anche avviato una piattaforma di fatturazione a loro dedicata. Così come, fin dagli albori, ne ha evidenziato i punti deboli e le criticità, dando un fattivo contributo al miglioramento dell’impianto. Ora la sfida dell’IA ci pone nuovamente di fronte all’esigenza di saper ricondurre l’innovazione entro un perimetro che renda questo strumento una vera opportunità e non un’insidia. Per questo la nostra Associazione già da diverso tempo sta promuovendo una serie di incontri con esperti del settore e con rappresentanti politici, al fine di individuarne i limiti tecnici e normativi, così da poterne contenere le criticità, ma soprattutto individuarne le potenzialità e ottimizzarne le indubbie utilità, senza mai perdere di vista che anche in questa vera e propria rivoluzione tecnologica, il fattore umano, la sua capacità di gestire ed interpretare i dati generati, rimarranno punti imprescindibili ed essenziali.

 

Quali sono, secondo lei, le opportunità più interessanti che i commercialisti possono cogliere in questa fase di cambiamento, anche grazie alla tecnologia? E qual è, invece, l’aspetto identitario della professione che ritiene fondamentale portare con sé nel futuro?

La tecnologia potrà sicuramente aiutarci, come professionisti, a liberarci da incombenze ripetitive e a velocizzare alcuni processi che attualmente richiedono solo tempo, piuttosto che attenzione. Penso all’analisi dei dati economici e finanziari, alle ricerche sulle banche-dati, allo sviluppo dei processi di controllo aziendale. Quello di cui non potremo mai fare a meno, però, che è anche ciò che caratterizza la nostra professione, è il rapporto particolare ed esclusivo con il cliente, che ogni collega concepisce e cura a suo modo e che non potrà mai essere sostituito da nessun algoritmo. È solo dalla singolarità del rapporto interpersonale che abbiamo col cliente e dalla conoscenza della sua impresa che possono nascere quelle piccole-grandi intuizioni che spesso si rivelano risolutive.

 

Guardando alla sua esperienza personale e al suo impegno alla guida dell’ANC, cosa la motiva oggi, più di ogni altra cosa, nel rappresentare e dare voce alla categoria dei commercialisti?

Fino ad ora abbiamo parlato di mercati, di espansione, di tecnologia e di intelligenza artificiale, come rappresentante di categoria è mio dovere occuparmi di questi grandi temi. Tuttavia, ciò che da sempre mi chiedo ogni volta che iniziamo una campagna o individuiamo i contenuti di un convegno è: quanto di tutto questo arriverà e sarà utile al collega più periferico che con un’immane fatica porta avanti la sua attività professionale e che, a volte, si chiede se abbia fatto bene ad intraprenderla, viste le mille difficoltà che quotidianamente si trova ad affrontare? Così come il tessuto produttivo italiano è composto da piccole e micro-imprese, anche la nostra professione vede una maggioranza di piccoli studi sparsi nel Paese. Abbiamo un bel parlare di internazionalizzazione, di super-specializzazioni, di sostenibilità, ma se non sappiamo riconoscere e comprendere i problemi di quei colleghi che per mille motivi rimangono ai margini della professione, significa che abbiamo perso, non solo il senso della realtà, ma anche lo spirito di appartenenza alla nostra categoria.



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