Carbon Balance, dagli ulivi un nuovo raccolto: crediti di carbonio


Il progetto pilota del Consiglio Oleicolo Internazionale apre nuovi scenari economici per il settore olivicolo: il carbonio immagazzinato diventa un asset, i produttori protagonisti della transizione ecologica

Nel cuore della transizione ecologica globale, l’oliveto si riscopre alleato strategico nella lotta al cambiamento climatico. E questa volta, non solo per le sue radici profonde o le sue chiome argentee, ma per qualcosa di molto più tangibile: la capacità di assorbire e immagazzinare anidride carbonica. A riconoscerlo e valorizzarlo è il Consiglio Oleicolo Internazionale (COI), che il 24 aprile ha aperto ufficialmente le iscrizioni alla fase pilota del progetto “Carbon Balance”.

Un’iniziativa internazionale che promette di rivoluzionare il rapporto tra agricoltura e sostenibilità, offrendo agli olivicoltori – e a tutto l’indotto – una nuova via per generare valore: i crediti di carbonio.

L’oliveto come pozzo di carbonio: il verde che fa bene al clima

L’idea è semplice ma potente: se un oliveto ben gestito è in grado di assorbire più CO₂ di quanta ne emetta, allora quel “saldo positivo” può essere trasformato in crediti di carbonio, commerciabili sui mercati volontari. È la consacrazione scientifica di un’intuizione agricola millenaria. «Questa fase pilota è un passo fondamentale nello sviluppo di una metodologia scientifica dedicata e di strumenti specifici per il settore olivicolo», ha dichiarato Jaime Lillo, direttore esecutivo del COI.

Sostenuto dalle evidenze contenute nel rapporto IPCC 2023, che per la prima volta riconosce all’agricoltura il ruolo di carbon sink, il progetto “Carbon Balance” mira a quantificare con rigore la capacità dell’oliveto di trattenere carbonio nel suolo e nella pianta – sfruttando la longevità, la struttura perenne e le pratiche agronomiche rigenerative tipiche della coltura olivicola.

Opportunità globale, accesso gratuito

Ma la vera forza di “Carbon Balance” è la sua apertura. Il progetto ha una vocazione globale: la metodologia sarà applicabile a oliveti in Europa, Stati Uniti, Nord Africa, America Latina. E, soprattutto, sarà gratuita e accessibile a tutti. Produttori, cooperative, associazioni, università e tecnici possono iscriversi online compilando un semplice modulo, fornendo informazioni sull’oliveto (ubicazione, superficie, varietà, gestione).

Nessun software costoso, nessuna consulenza a pagamento: il COI mette a disposizione uno strumento “open access”, semplice da usare ma scientificamente robusto. Durante la fase pilota – che si concluderà il 30 maggio – i partecipanti riceveranno formazione tecnica e supporto virtuale.

Il calendario del cambiamento

Il prossimo appuntamento da segnare è il 4 giugno, quando il COI organizzerà una sessione formativa (sia in presenza che online) per presentare ufficialmente la metodologia e illustrare come utilizzare lo strumento di calcolo. Nei mesi estivi, i dati raccolti verranno analizzati, insieme ai feedback dei partecipanti, per affinare il sistema.

A novembre, in occasione della Giornata Mondiale dell’Olivo, il COI presenterà i risultati del progetto e rilascerà la versione definitiva del software, con l’obiettivo di ottenere il riconoscimento ufficiale da parte dell’Unione Europea e integrarlo nei programmi di certificazione ambientale.

Carbon Balance, un cambio di paradigma per l’olivicoltura

“Carbon Balance” non è solo un progetto tecnico. È una dichiarazione d’intenti. È il tentativo concreto di trasformare la sostenibilità ambientale in sostenibilità economica, offrendo agli olivicoltori nuove entrate attraverso i mercati del carbonio.

Il COI, con questa iniziativa, ribadisce il proprio ruolo guida nell’innovazione del comparto e nella valorizzazione dell’olivo come coltura strategica per il clima e per l’economia rurale. Una pianta antica che, ancora una volta, si rivela moderna e necessaria.

Il futuro dell’olivicoltura passa anche da qui: da un software che misura la CO₂, da un campo che assorbe il cambiamento, da una filiera che respira meglio. E da produttori che, finalmente, possono raccogliere anche il frutto invisibile del loro lavoro: il carbonio.





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