«Riconversione su difesa e spazio»


Anche il 2025 si è aperto nel modo peggiore per l’industria dell’automotive: la produzione è crollata del 25,3 per cento rispetto all’inizio del 2024. E – come ha rilevato l’Anfia – soltanto le vetture assemblate, per la precisione 10.800, hanno segnato un tracollo del 63,4 per cento nello stesso lasso di tempo. Male anche la componentistica (-15,4), reggono solo rimorchi e semirimorchi (+7). Di fronte a questo scenario, con un’industria che dà lavoro a oltre 270mila addetti e che si avviluppa verso un altro anno di sottoproduzione, il governo si muove: salgono da qui al 2027 a 2,5 miliardi i fondi per la filiera e, soprattutto, si studiano strumenti per riconvertire maestranze e aziende verso settori più in voga oggi: cioè difesa, aerospazio, blue economy e cybersicurezza.

MODELLO TEDESCO

Risorse e nuove strategie sono state illustrate ieri al tavolo dell’automotive dal ministro delle Imprese e del Made Italy, Adolfo Urso. «Le imprese del settore – ha spiegato – saranno incentivate a convertirsi verso comparti a maggiore crescita, come la difesa, l’aerospazio, la blue economy e la cybersicurezza». Per la cronaca, la stessa soluzione è circolata in Germania, dove però i costruttori hanno annunciato forti esuberi, che in Italia – grazie agli ammortizzatori sociali – finora sono stati evitati. Ma fonti del governo fanno sapere che l’ipotesi è da tempo allo studio tra il Mimit e il ministero del Lavoro, anche per attutire i costi degli ammortizzatori sociali. Si valutano strumenti di outplacement – in primis percorsi di formazione ad hoc – dei dipendenti della filiera auto per ricollocarli nei segmenti che più difficilmente trovano addetti. Fino all’anno scorso si guardava alla meccatronica, adesso, rientrano anche la difesa e l’aerospazio sull’onda del riarmo europeo.

Come detto, però Urso guarda anche alla trasformazione delle aziende in crisi. Approccio che vede scettici i sindacati. La Fim Cisl, la meno critica, fa sapere con Ferdinando Uliano: «Nessuna compensazione, cioè chiudere fabbriche di auto per fare operazioni militari». Al momento un piano non c’è, ma il Mimit si appresta anche a convocare un tavolo tra questi settori per calibrare al meglio gli strumenti e individuare le possibili sinergie. Quel che è certo è che le attività di riconversione saranno finanziate con il fondo destinato alla filiera, che Palazzo Piacentini ha deciso di aumentare a 2,5 miliardi per il prossimo di triennio.

Dopo i tagli previsti in manovra, il Mimit ha fatto di necessità e virtù: ha messo assieme fondi non spesi in passato e sfruttato la rimodulazione dei contratti di sviliuppo esistenti con il risultato di mettere in campo 1,6 miliardi solo per quest’anno. Più in generale, lo stanziamento complessivo da 2,5 miliardi vedrà circa un miliardo destinato ad Accordi per l’innovazione, 870 milioni sui contratti di sviluppo, 220 milioni sui “mini contratti di sviluppo”, 200 milioni per il credito d’imposta e altri 200 per le incentivazioni chieste dalle singole filiere. Per quanto riguarda invece gli ecobonus, dopo lo stop a quelli a livello nazionale, anche l’Italia farà pressioni sulla Ue per un piano di aiuti. Già presenti nella piattaforma sull’auto della Commissione, ma soltanto per i veicoli elettrici.

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