I dazi Usa pari 25% nel settore automotive, annunciati ieri dal presidente Donald Trump, avrebbero un impatto significativo sul fatturato delle imprese italiane: si può stimare una perdita tra 1,4 e 3 miliardi di euro, co con danni soprattutto i subfornitori (fino a 2,5 miliardi) per la loro dipendenza dalla filiera europea. Sull’occupazione, la perdita è pari a 9.700-15.500 posti nelle pmi e negli stabilimenti legati all’export del settore auto. I subfornitori sarebbero i più colpiti in termini relativi, mentre i produttori di veicoli finiti potrebbero mitigare l’impatto grazie a produzioni alternative in Nord America. «I dazi al 25% annunciati da Trump sono un colpo al cuore delle nostre piccole e medie imprese, già provate da anni di transizioni difficili e promesse non mantenute. Non è solo una questione di fatturato, che pure potrebbe crollare fino a 3 miliardi, ma di un intero sistema produttivo che rischia di perdere 15.000 posti di lavoro, un prezzo che l’Italia non può permettersi. La filiera, con i subfornitori in prima linea, è il nostro tessuto connettivo: se cede, a pagarne le conseguenze sarà un Paese intero. Serve una risposta non solo difensiva, con contromisure Ue, ma una svolta coraggiosa: diversificare i mercati, puntare sull’elettrico con incentivi veri, non annunci. Altrimenti, il 2025 sarà ricordato come l’anno in cui abbiamo lasciato morire un pezzo della nostra identità industriale» commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, i produttori di veicoli finiti, come Stellantis, vedranno un calo del fatturato tra 61 e 200 milioni di euro, legato all’export verso gli Usa (406 milioni annui), con margini ridotti o domanda in flessione del 15-20%. I sistemisti e modulisti (come Marelli p Bosch Italia) perderanno tra 100 e 225 milioni, mentre i subfornitori, spina dorsale della filiera con 25 miliardi di fatturato, subiranno il colpo più duro: una contrazione tra 1,2 e 2,5 miliardi, dovuta alla dipendenza dall’export europeo, soprattutto tedesco. Gli specialisti (motorsport e aftermarket, come Brembo) limiteranno i danni a 25-70 milioni. Con 270.000 occupati nel settore, l’Italia potrebbe perdere fino al 5,7% dei posti di lavoro. I subfornitori, con 130.000 addetti, rischiano tra 7.000 e 10.000 tagli, concentrati in Piemonte e Lombardia. Stellantis potrebbe ridurre 1.000-2.000 posti negli stabilimenti di Melfi e Pomigliano, mentre sistemisti e modulisti contano 1.500-3.000 esuberi. Minore l’impatto sugli specialisti, con 200-500 posizioni a rischio. Il settore automotive italiano è composto da diverse categorie di imprese: produttori di veicoli finiti (Stellantis), sistemisti e modulisti (che forniscono sistemi complessi), subfornitori (componentistica di base e lavorazioni) e specialisti (es. motorsport e aftermarket). Nel 2023, il fatturato totale della filiera automotive italiana è stato di circa 58,8 miliardi di euro, con 2.135 imprese attive. Gli Usa rappresentano una destinazione chiave per l’export, con 74.731 veicoli esportati nel 2023 per un valore di 2,85 miliardi di euro, pari al 21% dell’export automobilistico italiano totale. Quanto al fatturato attuale dei produttori di veicoli, Stellantis, principale player italiano, genera circa 20-25 miliardi di euro di fatturato attribuibile alla produzione italiana (su un totale globale di 189 miliardi di euro nel 2023). L’export verso gli Usa di veicoli italiani (es. Jeep Renegade e Fiat 500) vale circa 406 milioni di euro annui. Un dazio del 25% aumenterebbe il costo dei veicoli esportati di circa 101,5 milioni di euro. Se trasferito ai consumatori, la domanda potrebbe calare del 15-20% (secondo modelli di elasticità della domanda), riducendo il fatturato export di 61-81 milioni di euro. Se assorbito da Stellantis, i margini di profitto si ridurrebbero di circa 0,5-1% sull’EBIT italiano, pari a 100-200 milioni di euro di perdita complessiva. La stima netta per il calo del fatturato è tra 61 e 200 milioni di euro, secondo la strategia adottata. Sistemisti e modulisti – ategoria, che include aziende come Marelli e Bosch Italia – ha generato nel 2023 circa 15 miliardi di euro, con una crescita del 9,3% rispetto al 2022. L’export verso gli Usa di sistemi complessi (es. elettronica, trasmissioni) è stimato in 1-1,5 miliardi di euro. La riduzione della produzione di veicoli europei per gli USA (soprattutto tedeschi, che usano componenti italiani) potrebbe tagliare la domanda di sistemi italiani del 10-15%, con una perdita di fatturato di 100-225 milioni di euro. Tutto ciò cagionerebbe un calo del fatturato tra 100 e 225 milioni di euro. C’è poi la categoria dei subfornitori (cioè componentistica di base e lavorazioni): rappresentano il 70% delle imprese della filiera (circa 1.500 aziende), hanno generato 25 miliardi di euro nel 2023, ma con una flessione del 5-11% rispetto al 2022. L’export verso gli Usa è indiretto, attraverso la filiera europea (soprattutto Germania), e vale circa 2-3 miliardi di euro. Una contrazione dell’export europeo verso gli Usa del 15-20% ridurrebbe la domanda di componenti italiani del 6-10%, con una perdita di fatturato di 1,2-2,5 miliardi di euro, amplificata dalla dipendenza dalla filiera tedesca. Il calo del fatturato stimabile è tra 1,2 e 2,5 miliardi di euro. Ci sono, poi, gli specialisti (motorsport e aftermarket): questo segmento, che include colossi come Dallara e Brembo, ha generato circa 5 miliardi di euro nel 2023, con una crescita dell’11,7%. L’export verso gli Usa (freni e parti per corse) è stimato in 500-700 milioni di euro. La nicchia del motorsport e dell’aftermarket è meno sensibile ai dazi sui veicoli finiti, ma una riduzione della domanda di auto europee potrebbe comunque tagliare il fatturato del 5-10%, pari a 25-70 milioni di euro. Si potrebbe registrare un calo del fatturato tra 25 e 70 milioni di euro.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link