Prestiti, per le imprese meglio l’autofinanziamento che le banche


Le imprese italiane ricorrono sempre meno alle banche per avere denaro, preferendo autofinanziarsi. Dal 2011 al 2024, evidenzia un’indagine della Cgia, il calo dei prestiti bancari ha sfiorato il 35%. A fine dicembre del 2011 (inizio della crisi dei debiti sovrani)  i prestiti bancari alle imprese italiane ammontavano a 995 miliardi di euro. Quota che alla fine del 2024 è scesa a 666 (-329 miliardi di euro pari a una contrazione del 33%).

Nello stesso periodo i depositi bancari delle aziende sono passati da 219 miliardi a 519 (+300 miliardi pari a un incremento del 137%). E questo grazie ai maggiori profitti, ma anche agli investimenti che spesso sono stati rinviati a causa delle incertezze internazionali (oltre a quelle legate alla pandemia).

Le imprese più strutturate hanno fatto ricordo all’apporto di capitali propri (di imprenditori e soci) o di terzi (attraverso il mercato dei capitali e l’azionariato diffuso). A sostegno di questa chiave di lettura, la Cgia evidenzia anche la decisa diminuzione della domanda di credito avvenuta in questi anni da parte delle imprese, poiché, a seguito anche dei buoni risultati economici ottenuti, molte attività rimaste sul mercato hanno aumentato i risparmi e conseguentemente il loro utilizzo per far fronte alle spese correnti e agli investimenti.

Ma per molte micro imprese, alla contrazione dei prestiti non sia seguita alcuna forma di autofinanziamento, bensì un progressivo deterioramento economico/finanziario che le avrebbe fatte scivolare nell’area grigia dell’insolvenza o, peggio ancora, a rivolgersi al mercato del credito illegale.

Secondo i dati della BCE, , tra il 2011 e il 2023 (ultimo anno in cui i dati sono disponibili per un confronto europeo), non tutti i paesi monitorati hanno subito la stessa contrazione dei prestiti bancari alle imprese. Anzi. Il dato medio dell’Area dell’Euro, ad esempio, è stato pari al +4,3% (+188,6 miliardi di euro), con picchi positivi, per i big, del +61,4% in Francia e del +46% in Germania che, in valore assoluto, possono contare su un’esposizione degli istituti di credito verso le attività economiche che, rispetto al nostro importo, a Parigi è più del doppio e a Berlino, invece, è leggermente inferiore al doppio.

Tra le nazioni economicamente più importanti,  solo la Spagna(-46,7%)  ha registrato una flessione superiore a quella italiana. In difficoltà anche le aziende dei Paesi Bassi che hanno subito una riduzione dell’8,1%.





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