«Rincari e burocrazia, il settore è a un bivio»


CREMONA – Il settore della ristorazione nella provincia di Cremona si trova a un bivio: da un lato, segnali di crescita e resilienza, dall’altro, il peso di costi in aumento e di un mercato sempre più competitivo. Secondo l’analisi del Centro Studi Fipe-Confcommercio, le imprese registrate in provincia, sono 2.628, con una crescita dell’1% rispetto all’anno precedente. Le attività effettivamente operative sono 2.309, segnando un aumento dello 0,8%. Tuttavia, il saldo tra nuove aperture e chiusure resta negativo, con 28 cessazioni e 19 nuove iscrizioni (-9 imprese).

Le categorie dominanti nel settore restano ristoranti (Ateco 561) 1.285 attività e bar (Ateco 563) con 1.102 attività, che rappresentano la maggior parte delle imprese seguiti da mense, catering e attività ricreative.

Un settore in tensione tra aumenti dei costi e strategie di resistenza. I ristoratori della provincia, pur consapevoli delle difficoltà, mostrano spirito di adattamento e intraprendenza. Erika Galbiati, titolare dell’Antico Sapore di Rivolta d’Adda, sottolinea: «Il periodo è complicato, ma con determinazione e innovazione riusciamo a mantenere un’offerta di qualità per i nostri clienti. Tuttavia, il continuo aumento dei costi di gestione ci impone scelte difficili». Gli incrementi più pesanti riguardano le spese operative, conferma Galbiati: «Per noi, ad esempio, la tassa sui rifiuti è passata da 9.000 a 14.000 euro in pochi anni».

L’aumento di costi energetici – già sottolineato da Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio – non si limita solo alle bollette, ma finisce per interessare diverse voci a partire da quelle alimentari. Le materie prime sono aumentate vertiginosamente e si manifestano all’orizzonte nuove preoccupazioni come, ad esempio, l’aumento della bolletta dell’acqua, elemento fondamentale per bar e ristoranti.

Burocrazia, personale e sostenibilità economica i punti evidenziati dai ristoratori cremonesi. Come Federico Malinverno, titolare de La Crepa di Isola Dovarese, che conferma le criticità legate all’aumento dei costi: «Oltre al caro materie prime, il peso della burocrazia è sempre più alto: ai normali costi vanno aggiunte altre spese come la Siae o il costo dei plateatici. Per resistere, dobbiamo offrire ai clienti un servizio curato nei dettagli, chiaro e trasparente, che crei fidelizzazione e offra un servizio di valore all’altezza delle aspettative».

Molti ristoratori sono costretti a rimandare investimenti, penalizzando l’innovazione e la competitività delle loro attività. Nonostante questo, la capacità di adattarsi e reinventarsi resta il punto di forza del settore, che continua a rappresentare un pilastro dell’economia locale.

I ristoratori cremonesi e cremaschi vedono la luce in fondo al tunnel per quanto riguarda l’assunzione di nuovo personale. Le imprese locali del settore ristorazione si confermano di piccole dimensioni: sono 972 quelle che dichiarano fino a 3 dipendenti e poco più di 200 quelle che sfondano il tetto dei 10 dipendenti, ma la difficoltà ad assumere nuove professionalità comincia a non destare più la preoccupazione di un tempo.

Galbiati sottolinea come «alcuni bandi regionali, finalizzati a sostenere nuove assunzioni, sono stati di grande aiuto per investire e assumere nuovo personale anche molto giovane». Le fa eco Malinverno, sottolineando come oggi si cominci a vedere un certo interesse, soprattutto da parte della generazione Z, nel lavoro presso i ristoranti, visti non più come una opportunità di ‘ripiego’ ma come l’inizio di una vera e propria carriera nel settore food».





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